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MARC BLOCH - Apologia della storia o Mestiere di storico - Testimonianza

Marc Bloch, in Apologia della storia, si interroga sul rapporto che intercorre tra lo studioso e il suo oggetto di studio, tra presente e passato, narrando come e perché lavora lo storico. Il pensiero di Bloch offre interessanti spunti di riflessione non solo per gli storici sulla metodologia della ricerca, ma anche per ognuno di noi, per ogni cittadino che voglia leggere un documento o ascoltare una testimonianza in modo consapevole.

I caratteri più immediatamente visibili dell’informazione storica sono stati mille volte descritti. I fatti che studia, lo storico è per definizione, ci viene detto, nella assoluta impossibilità di constatarli egli stesso. Nessun egittologo ha veduto Ramsete; nessuno specialista delle guerre napoleoniche ha udito un cannone di Austerlitz. Delle età che ci hanno preceduto, non sapremmo dunque parlare che sulla scorta di testimoni. Nei loro confronti, ci troviamo nella situazione del giudice istruttore che si sforza di ricostruire un delitto cui non ha assistito affatto; del fisico che, costretto a letto dall’influenza, non conoscesse i risultati dei suoi esperimenti che grazie alle relazioni d’un assistente di laboratorio. In una parola, all’opposto della conoscenza del presente, quella del passato sarebbe necessariamente “indiretta”.

Che in queste osservazioni vi sia una parte di verità, nessuno si sognerà di negarlo. Tuttavia, esse richiedono di essere sensibilmente sfumate.

Un comandante in capo, per ipotesi, ha appena conseguito una vittoria. Immediatamente comincia a stendere il racconto, di sua propria mano. È lui che l’ha diretta. Grazie alla scarsa estensione del terreno [poiché, decisi a mettere tutti gli atouts nel nostro gioco, ci immaginiamo uno scontro degli antichi tempi, tutto raccolto in uno stretto spazio], egli ha potuto osservare la mischia svolgersi quasi interamente sotto i suoi occhi. Eppure, non c’è da dubitare: per più di un episodio essenziale, sarà costretto a basarsi suoi rapporti dei suoi luogotenenti. Nel che, peraltro, non farà che conformarsi, divenuto narratore, alla condotta medesima che aveva tenuto, alcune ore prima, durante l’azione. Per dirigere allora, di momento in momento, i movimenti delle sue truppe in relazione alle vicissitudini del combattimento, quali informazioni penseremo che gli saranno servite di più: le immagini più o meno confusamente intraviste attraverso il binocolo, oppure i rapporti che a briglia sciolta gli trasmettevano staffette o aiutanti in campo? Ben di rado il condottiero si accontenta di essere testimone di se stesso.

 

 

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