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JAN ASSMANN - La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche - Memoria

Mentre la memoria di ogni individuo ha una base biologica che oggi le neuroscienze hanno descritto a fondo, la memoria collettiva è un fenomeno che sfugge a definizioni scientifiche. Percepiamo ciò che ci accomuna come gruppo sociale, condividiamo regole, rituali, modi di interpretare il mondo. Tutto questo viene “imparato” e trasmesso in ogni società, determinando ciò che oggi viene descritto nei termini di memoria culturale.

Com'è facile capire, l'identità è una questione concernente la memoria e il ricordo: proprio come un individuo può sviluppare un'identità personale e mantenerla attraverso lo scorrere dei giorni e degli anni solo in virtù della sua memoria, così anche un gruppo è in grado di riprodurre la sua identità di gruppo solo mediante la memoria. La differenza sta nel fatto che la memoria del gruppo non ha una base neuronica. In luogo di essa c'è la cultura: un complesso di conoscenze garanti dell'identità che si oggettivano in forme simboliche come i miti, i canti, le danze, i proverbi, le leggi, i testi sacri, le immagini, gli ornamenti, la pittura, i sentieri e addirittura - come nel caso degli Australiani – interi paesaggi. La memoria culturale circola attraverso le forme del ricordo, le quali originariamente sono un fatto concernente le feste e la celebrazione rituale. Fintantoché i riti assicurano la circolazione del sapere garante dell'identità all'interno del gruppo, il processo della trasmissione si compie sotto forma di ripetizione. È nella natura del rito il riprodurre con meno variazioni possibili un ordine prestabilito: in tal modo ogni esecuzione del rito ricalca le esecuzioni precedenti, dando luogo alla concezione, tipica delle società prive di scrittura, di un tempo che ritorna su se stesso. Dunque, in riferimento alla circolazione di senso culturale basata sul rito si può addirittura parlare di una “coazione a ripetere”. Proprio questa coazione è ciò che garantisce la coerenza rituale ed è ciò da cui si affrancano le società nel passaggio alla coerenza testuale. [...] L’identità è un fattore pertinente alla coscienza, ovvero al processo per cui un’immagine inconscia di sé si fa riflessiva. Ciò vale sia nell’ambito della vita individuale che in quella collettiva. Io sono persona solo nella misura in cui mi conosco come tale; allo stesso modo, un gruppo è “tribù”, “popolo” o “nazione” solo nella misura in cui esso comprende, presenta o rappresenta se stesso nel quadro di tali concetti. [...] L'identità individuale è l'immagine, organizzata e fissata nella coscienza del singolo, dei tratti individuali che lo distinguono da tutti gli altri (gli “altri significanti”); è la coscienza della propria irriducibile singolarità, della propria inconfondibilità e insostituibilità, sviluppata seguendo il corpo come criterio e filo conduttore. L'identità personale, per contro, è l'incarnazione di tutti i ruoli, le caratteristiche e le competenze che spettano al singolo in virtù del suo inserimento in costellazioni specifiche della compagine sociale.

[…]

Con identità collettiva o identità in quanto “noi” intendiamo l'immagine che un gruppo costruisce di sé e in cui i suoi membri si identificano. L'identità collettiva è una questione di identificazione adopera degli individui che vi hanno parte: non esiste “di per sé”, bensì sempre e solo nella misura in cui individui determinati la professano. Essa può essere forte o debole a seconda di quanto è viva nella coscienza dei membri del gruppo e di quanto è in grado di motivarne i pensieri e le azioni.

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