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FRANÇOIS JULLIEN - Contro la comparazione. Lo «scarto» e il «tra» un altro accesso all'alterità

Nell’atto di tradurre si perde sempre qualcosa, rischiando di modificare, cambiare o stravolgere il significato iniziale di qualunque testo. Ma resta comunque una possibilità di comprensione, rispetto al testo inziale, che mantiene accessibile il significato.

Secondo me tradurre significa al tempo stesso assimilare e dis-assimilare, per lasciar passare l’altro in questo «tra». In modo analogo, parlavo in precedenza di de- e ri-categorizzare. Assimilare: senza dubbio bisogna cercare degli equivalenti. Ma anche dis-assimilare: lasciando intendere della lingua di partenza tutto ciò che resiste a una assimilazione da parte della lingua d’arrivo. A mio avviso, un testo è ben tradotto se continua a far apprezzare lo scarto o la distanza della prima e della seconda altra lingua: scarto, distanza che fanno lavorare questa seconda lingua, che la portano a rielaborarsi, a dispiegarsi, o per lo meno a ripensarsi. Forse questa traduzione non sembrerà più così scorrevole, elegante, «naturale», come si dice; la lingua d’arrivo non ritroverà il suo habitus, le sue caratteristiche formulazioni. Ma è soltanto a questo prezzo che le possibilità dell’una potranno compiere un cammino silenzioso all’interno dell’altra; da qui, potranno essere riaperte le possibilità della prima lingua, che potrà progressivamente accedere al comune dell’intelligibile.

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