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TOMMASO CAMPANELLA - La città del sole (1602) - Città II

Taprobana, è una città utopica, immaginata da Tommaso Campanella all’inizio del Seicento come ideale di una società felice, priva di conflitti interni, di corruzione e di miseria. Il filosofo, ne La città del sole, delinea i tratti di un’organizzazione socio-politica e urbanistica che egli pensa possa funzionare perfettamente.

OSPITALIERO - Orsù racconta, per favore, quanto ti è accaduto in questa navigazione. GENOVESE - Già ho narrato in che modo, dopo aver circumnavigato tutto il mondo ed esser finalmente giunto a Taprobana, sono stato costretto a scendere a terra; e come lì, per paura degli abitanti, mi sono nascosto in un bosco; uscito dal quale, alla fine mi sono fermato in una vasta pianura proprio sulla linea dell’equatore.

OSP. - Qui che ti accadde?

GEN. - M’imbattei all’improvviso in una schiera numerosa di uomini e donne armati, molti dei quali intendevano la nostra lingua, ed essi mi condussero subito alla Città del Sole.

OSP. - Dimmi in che modo è costruita questa città? E com’è governata?

GEN. - Nella vastissima pianura s’innalza un grande colle, su cui è stata edificata la maggior parte della città; comunque i suoi molteplici gironi si estendono per lungo tratto oltre i piedi del monte, e le sue dimensioni sono tali da misurare più di due miglia di diametro e quindi sette di circonferenza; e tuttavia, sviluppandosi su una convessità, sfrutta una superficie maggiore che se fosse estesa tutta in pianura. La città è divisa in sette grandi gironi, o cinte, ognuno avente il nome di un pianeta, e si accede dall’uno all’altro per quattro strade e quattro porte rivolte ai quattro punti cardinali. Ed è evidente che è stata edificata in modo tale che, ammesso che fosse espugnato il primo girone, sarebbe stato necessario uno sforzo doppio per espugnare il secondo, ancor più grande per il terzo ecc., dovendo duplicare ogni volta gli sforzi e le fatiche. Perciò chi volesse impadronirsene, dovrebbe espugnarla sette volte. Ma secondo me, non è possibile conquistare neanche il primo girone, talmente è massiccio il terrapieno e munito di bastioni, torri, bombarde e fossati.

[…]

OSP. - Continua orsù, non ti fermare, te ne scongiuro.

GEN. - Il tempio è perfettamente circolare: non è cinto da mura, ma poggia su massicce colonne di ottima fattura. La volta maggiore, edificata con arte mirabile, è sormontata al suo centro, o polo, da una cupoletta, dove vi è una stretta apertura sulla verticale dell’altare, il quale è unico e collocato al centro del tempio. Tutto circondato da colonne, il tempio supera i trecentocinquanta passi di circonferenza. Ai capitelli delle colonne si appoggiano le arcate aggettanti per circa otto passi all’infuori, dove sono sostenute da altre colonne, incorporate in un muro spesso, robusto e alto tre passi; tra questo muro e il primo colonnato corrono i porticati inferiori, pavimentati magnificamente; e nella parte interna del muro, interrotto da frequenti spaziosissime aperture, vi sono panchine fisse, sebbene fra le colonne interne sorreggenti il tempio non manchino molte sedie portatili eleganti. Sopra l’altare ci sono solo due globi: sul più grande è rappresentata la sfera celeste e sull’altro quella terrestre. Inoltre, sulla volta maggiore, si vedono dipinte tutte le stelle del firmamento dalla prima alla sesta grandezza, ognuna affiancata da tre versetti indicanti il suo nome e l’influenza che esercita sulle cose terrestri. Sulla volta si trovano altresì i poli e i circoli maggiori e minori, segnati così come appaiono al loro orizzonte equatoriale, non completi però, mancando dell’emisfero inferiore, ma che tuttavia possono esser completati correlandoli ai globi che sono sull’altare. Il pavimento risplende di pietre preziose. Pendono sette lampade d’oro perennemente accese, aventi i nomi dei sette pianeti.

 

[…]

OSP. - Ti prego, o nobile eroe, spiegami dettagliatamente il loro regime politico. In effetti non vedevo l’ora che tu toccassi questo punto.

GEN. - La suprema autorità dei Solari è un sacerdote, che nella loro lingua si chiama Hoh, e nella nostra potremmo chiamare Metafisico. Questi dispone sia del potere spirituale che temporale, e le sue decisioni, alla fine, troncano ogni controversia, processuale e non. Lo affiancano ed assistono tre prìncipi, Pon, Sin e Mor, che nella nostra lingua significano Potenza, Sapienza e Amore. A Potestà competono gli affari di pace e di guerra, le arti militari. Sulle questioni belliche è l’autorità suprema, ma non al di sopra di Hoh: è a capo degli ufficiali e dei soldati, si occupa delle opere di difesa, delle fortificazioni e delle espugnazioni, nonché delle macchine e fabbricati bellici, e degli addetti a queste opere. A Sapienza spetta invece la direzione delle arti liberali e manuali, di tutte le scienze e loro magistrature, dei docenti e delle scuole; da lui dipendono tanti magistrati quante sono le discipline: vi è un magistrato che si chiama Astrologo, come pure vi è il Cosmografo, l’Aritmetico, il Geometra, lo Storiografo, il Poeta, il Logico, il Retore, il Grammatico, il Medico, il Fisiologo, il Politico, il Morale. I Solari adottano un unico libro che si chiama Sapienza, nel quale sono trattate con mirabile concisione e chiarezza tutte le scienze. Questo libro, secondo l’usanza dei Pitagorici, viene letto al popolo.

Ad Amore, il terzo triumviro, spetta anzitutto occuparsi della procreazione, cioè che i maschi si uniscano alle femmine in modo da generare un’ottima prole. E si fanno beffe di noi che ci applichiamo con zelo al miglioramento delle razze di cani e cavalli, e poi trascuriamo completamente quella umana. Ugualmente al suo dicastero compete l’educazione dei fanciulli, la farmacopea, la semina, la mietitura e la raccolta dei frutti, l’agricoltura, la pastorizia, l’allestimento dei pasti, l’arte culinaria, e tutto ciò che riguarda vitto, vestiario e coito; Amore ha sotto di sé molti maestri e maestre preposti a queste arti.

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