Attendere prego...
J. R. R TOLKIEN - Il Signore degli anelli - La compagnia dell'anello - Cecità

Il Signore degli Anelli (1955) è una delle opere più significative della letteratura del '900. E non solo per l’incredibile vastità del fandom a cui ha dato vita a partire dagli anni '60, ma anche e soprattutto perché rappresenta un unicum nel panorama della letteratura contemporanea: vera e propria "epica fantastica", nelle cui pagine si affronta a più riprese il dramma dell’uomo contemporaneo di fronte alle questioni capitali che ne interrogano l’esistenza. Fra i tanti aspetti di forma e contenuto che contribuiscono a fare del Signore degli anelli un romanzo compiutamente moderno vi è senza ombra di dubbio anche la triangolazione tra i concetti di visione, cecità ed esercizio del potere. Il tema è magistralmente trattato in tutto il romanzo e, nello specifico, nel capitolo dal titolo La Compagnia si scioglie. Nel passo proposto, Frodo, con l’intento di sfuggire alla folle cupidigia di Boromir, si infila al dito l’Unico Anello e scompare alla vista degli uomini. Tuttavia, pur dimostrandosi efficace rispetto al tentativo del compagno di sottrargli l’anello, l’azione dello hobbit finisce per esporlo proprio allo sguardo onniveggente di Sauron, mostrando ciò che prima era celato di fronte all’Occhio dell’Oscuro Signore. Al centro della vicenda si colloca dunque l’esplicitazione da parte di Tolkien di una visione pan-ottica, rappresentata nel romanzo dall’Occhio che non-dorme-mai, il quale possiede i caratteri di un vero e proprio dispositivo di sorveglianza, funzionale all’esercizio coercitivo di un potere disciplinare. Cadere sotto lo sguardo inquisitorio della vista altrui, e farlo per giunta nel momento in cui massimamente si credeva di essere invisibili, è ciò che anima il potere trasformativo del vedere.

Frodo si spostò, mettendo di nuovo il sasso fra loro. Vi era una sola cosa ch'egli potesse fare: tremando, tirò fuori l'Anello appeso alla catenella e se l'infilò velocemente al dito [e sparì], proprio al momento in cui Boromir si lanciava nuovamente su di lui. L'uomo rimase come boccheggiante, con lo sguardo per un momento fisso, e poi si mise a correre come un folle, cercando ovunque fra gli alberi e le rocce. «Sciagurato imbroglione!», urlò. «Lascia che ti metta le mani addosso! Ora capisco le tue intenzioni. [….]  Non si udì alcuna risposta. Le sue grida non erano nemmeno giunte alle orecchie di Frodo, che era già lontano, e correva ciecamente su per il sentiero, portando con sé il ricordo del viso folle e selvaggio di Boromir, e dei suoi occhi infocati. Presto si trovò in piedi, solo, sulla vetta di Amon Hen, e rimase un attimo fermo, respirando affannosamente. Vide come in una nebbia un'ampia piattaforma circolare selciata con grosse pietre, e circondata da un parapetto merlato; al centro, su quattro colonne scolpite, si ergeva un alto seggio a cui si accedeva tramite una scala dai molti gradini. Frodo salì, sedette sull'antica sedia, e si sentì come un bimbo smarrito arrampicatosi sul trono dei re delle montagne. Da principio riuscì a distinguere ben poco. Gli pareva di essere in un mondo di nebbia, popolato da ombre; aveva al dito l'Anello. Poi in alcuni posti la foschia si diradò, e vide molte immagini: erano piccole e nette, come se le scene si fossero svolte su un tavolo sotto i suoi occhi, eppure sembravano remote. Non percepiva suoni, ma solo luminose immagini animate. Il mondo pareva rimpicciolito e muto. Egli sedeva sul Seggio della Vista, ad Amon Hen, il Colle dell'Occhio degli Uomini di Nùmenor. [….] Lo sguardo dell'Hobbit fu irresistibilmente attratto verso oriente. Passò oltre i ponti in rovina di Osgiliath, oltre i cancelli spalancati di Minas Morgul, oltre le Montagne spettrali; spaziò su Gorgoroth, la valle del terrore nel Paese di Mordor, ove sotto i raggi del Sole tutto era immerso nell'oscurità. Un fuoco ardeva fra nebbie e fumo. Dal Monte Fato incandescente esalavano vapori. Infine il suo sguardo si arrestò: muraglie e muraglie, cinte e bastioni, nera, incommensurabilmente forte, montagna di ferro, cancello d'acciaio, torre d'adamante, egli la vide: Barad-dûr, la Fortezza di Sauron. Ogni speranza morì in lui. E improvvisamente percepì l'Occhio. Vi era nella Torre Oscura un occhio che non dormiva, che si era accorto dello sguardo di Frodo; e questi lo sentiva covare un cupido e selvaggio desiderio, e lanciarsi all'inseguimento, come un dito che frugava ovunque. Tosto l'avrebbe inchiodato, lì, nel punto preciso ove egli si trovava. Lo sguardo di Mordor sfiorò Amon Lhaw, toccò Tol Brandir... Frodo si buttò giù dal seggio, raggomitolandosi, coprendosi il capo col cappuccio grigio.

  • IL SIGNORE DEGLI ANELLI LA COMPAGNIA DELL’ANELLO  Scarica
Per inserire commenti devi autenticarti.
Nessun commento.