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SENECA - Lettere a Lucilio - Cyber

Le Epistolae morales ad Lucilium – così il nome latino dell’opera – sono una raccolta di 124 lettere, scritte dal filosofo e politico romano Lucio Anneo Seneca, e dedicate a Lucilio Iuniore, al tempo governatore della Provincia di Sicilia. Esponente di rilievo della cosiddetta "Nuova Stoà", Seneca concepì la scrittura delle Lettere come strumento pedagogico di crescita morale, possedendo l’epistola il carattere dell’immediatezza dialogica e rappresentando il mezzo più utile per apprendere i principi basilari dell’educazione filosofica.

Il passo riportato di seguito è tratto dalla lettera numero 30 in cui il filosofo romano racconta a Lucilio dell’incontro avuto con un certo Aufidio Basso, uomo vivace e onesto, il cui fisico, ormai mal ridotto a causa della vecchiaia, viene paragonato ad: «una nave […] a cui si tampona ora l’una ora l’altra falla». Nonostante la  sua  precaria  condizione,  ci informa  Seneca,  Basso  appare  comunque  ancora  energico  nello  spirito, facendo mostra di quella forza d’animo che solamente  una buona educazione filosofica  può garantire. Ancora una volta, nelle parole di Seneca, l’immagine della nave viene ad essere utilizzata come metafora d’altro: nella sua tranquillità di fronte alla morte, Basso si dimostra come quell’abile pilota – quel magnus gubernator – che riesce ugualmente a mantenere la rotta anche se le vele del suo vascello sono ormai a brandelli. In questa celebre immagine il Gubernator latino, parente stretto del Kybernetes greco, non è più un semplice timoniere di nave, ma è diventato colui che, con l’ausilio della filosofia, è in grado di guidare rettamente lo Stato, così come è in grado di accettare in pace il tramonto della sua vita mortale. La filosofia, pertanto, non è altro che la più efficace forma di Therapeia, unica disciplina capace di liberare l’uomo da tutte le paure che lo attanagliano in vita, aiutandolo con ciò a raggiungere la vera felicità.

 

[Lettera 30] Ho visto Aufidio Basso, gran brava persona, mal ridotto e in lotta con l'età. Ma questa ormai pesa a tal punto su di lui da non permettergli più di riaversi; la vecchiaia gli sta addosso con tutto il suo tremendo peso. Sai che ha sempre avuto un fisico debole e smunto; a lungo l'ha sostenuto, anzi, per meglio dire, rabberciato: improvvisamente ha ceduto. Quando una nave imbarca acqua, si tamponano ora l'una ora l'altra falla, ma se incomincia a cedere e ad aprirsi in più punti, non c'è rimedio per l'imbarcazione che si sfascia; allo stesso modo un fisico vecchio e debole si può tenere in piedi e puntellare fino a un certo punto. Quando tutte le commessure si aprono, come in un edificio marcio, e mentre ne ripari una, se ne spacca un'altra, bisogna cercare il modo di venirne fuori. Tuttavia il nostro Basso ha uno spirito vivace: questo ti dà la filosofia: essere sereno di fronte alla morte, forte e addirittura lieto indipendentemente dalle condizioni fisiche, e non cedere anche se le forze non reggono più. Un pilota abile naviga pure se la velatura è a brandelli e se ha perso le sartìe, segue ugualmente la rotta con quel che resta della nave. [Magnus gubernator et scisso navigat velo et, si exarmavit, tamen reliquias navigii aptat ad cursum]. Così fa il nostro Basso e guarda alla sua fine con quello spirito e quel volto che apparirebbero eccessivamente tranquilli persino per uno che guardasse la morte di un altro. È questa, Lucilio mio, una lezione importante, che va imparata e meditata a lungo: andarsene con animo sereno, quando si avvicina l'ora fatale.

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