Attendere prego...
H. G. WELLS - Nel paese dei ciechi - Cecità

The Country of Blind (1904), tradotto in italiano con il titolo di Nel Paese dei Ciechi, è uno dei racconti più conosciuti dello scrittore britannico H. G. Wells. Dopo una rocambolesca caduta dalle rupi andine durante una scalata in montagna, il protagonista, Nunez, entra in contatto con una comunità di ciechi nati che, per quattrodici generazioni, hanno vissuto senza alcun contatto con il mondo esterno. A causa del loro completo isolamento, Nunez non riesce in alcun modo a farsi intendere dai membri della comunità, che rimangono assolutamente refrattari a qualsiasi espressioni linguistica sia stata sviluppata a partire dal senso della vista. Per dirla con le parole del Diderot della Lettera sui ciechi per quelli che ci vedono: «Se un uomo che per un giorno o due ha goduto della vista si trovasse mescolato ad un popolo di ciechi, dovrebbe decidersi a tacere o a passere per matto. Tutti i giorni annuncerebbe loro un qualche nuovo mistero tale solo per loro, e che gli adepti della ragione si sentirebbero in diritto di non credere».

Nel passo proposto di seguito, la radicale divergenza tra la condizione dei ciechi e quella di chi usa regolarmente la vista si manifesta dunque non solo sul piano della pratica quotidiana del vivere, ma investe anche le dimensioni dell’Etica e della Metafisica, finendo per provocare una frattura talmente profonda da annichilire qualsiasi possibilità di reciproca intesa.

 

La voce di un uomo più anziano cominciò a interrogarlo, e Nunez si trovò a cercare di spiegare il grande mondo dal quale era caduto in quel luogo, il cielo e le montagne e simili meraviglie a questi anziani che sedevano nell’oscurità nel Paese dei Ciechi. Ed essi non credevano né capivano niente di quello che diceva loro, cosa che egli non si era affatto aspettato. Non riuscivano nemmeno a capire molte delle sue parole. Per quattordici generazioni queste persone erano state cieche e tagliate fuori da tutto il mondo capace di vedere; i nomi per tutte le cose della vista erano sbiaditi e cambiati; la storia del mondo esterno era scolorita ed era diventata una storia per bambini; ed essi avevano smesso di preoccuparsi di tutto ciò che si trovava al di là delle scarpate rocciose sovrastanti il loro muro di cinta. Uomini di genio, ciechi, erano sorti tra loro e avevano messo in questione i frammenti di credenze e di tradizioni che erano sopravvissuti dai tempi della vista e avevano liquidato tutte queste cose come vane fantasie e le avevano sostituite con nuove spiegazioni più sensate. Gran parte della loro immaginazione era appassita insieme ai loro occhi, ed essi si erano costruiti nuove immaginazioni con le loro orecchie e le loro dita sempre più sensibili. Lentamente Nunez capì che l’aspettativa di trovare negli indigeni stupore e reverenza per la sua provenienza e per le sue doti non avrebbe avuto seguito; e dopo che il suo inefficace tentativo di spiegare la vista ai ciechi fu messo da parte da questi come la confusa versione dei fatti di un essere appena formato, che tenta di descrivere in modo incoerente le meraviglie delle sue sensazioni, cedette, un po’ scoraggiato, e ascoltò le loro istruzioni. Allora il più anziano dei ciechi gli spiegò la vita, la filosofia e la religione, come il mondo (cioè la loro valle) era in origine una conca vuota tra le rocce, e quindi erano venuti prima gli oggetti inanimati senza il dono del tatto, poi i lama e alcune altre creature con poca sensibilità, e poi gli uomini e infine gli angeli, che si potevano sentir cantare ma che era del tutto impossibile toccare, ciò che sconcertò Nunez finché non gli vennero in mente gli uccelli. Proseguì spiegando a Nunez come il tempo era stato diviso in caldo e freddo, che sono gli equivalenti per il cieco di giorno e notte, e come era giusto dormire con il caldo e lavorare con il freddo, così che ora, se non fosse stato per il suo avvento, l’intera cittadina dei ciechi sarebbe stata addormentata. Disse che Nunez doveva essere stato creato appositamente per imparare la saggezza che essi avevano acquisito e per mettersi al suo servizio, e che quanto a tutta la sua incoerenza mentale e al suo comportamento incerto doveva avere coraggio e fare del suo meglio per imparare; e tutte le persone all’ingresso mormorarono incoraggianti. Disse che era ormai notte inoltrata – poiché i ciechi chiamano il giorno notte – e che tutti dovevano tornare a dormire. Chiese a Nunez se sapeva dormire, e Nunez disse di sì, ma che prima di dormire voleva del cibo. Gli portarono del cibo, una ciotola di latte di lama e del pane rustico, e lo condussero in un angolo solitario dove potesse mangiare senza che lo sentissero e dove quindi potesse dormire finché il fresco della sera tra le montagne non li avesse svegliati per cominciare di nuovo la loro giornata. Ma Nunez non dormì affatto.

Per inserire commenti devi autenticarti.
Nessun commento.