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PLATONE - Repubblica - Governo

In questo classico brano Platone analizza il rapporto tra governo e forza, secondo una prospettiva che va al di là della semplice “gestione politica”.

[338c] “Ascolta”, disse. “Io affermo che il giusto non è altro che l’interesse del più forte. Perché non mi lodi? Certo non vorrai!”. “Lascia prima che intenda il senso delle tue parole”, risposi, “perché non lo capisco ancora. Tu affermi che il giusto è l’interesse del più forte. Ma perché mai dici questo, Trasimaco? Di sicuro non vuoi dire una cosa del genere: che se Polidamante, il lottatore di pancrazio, è più forte di noi e al suo corpo giova la carne di bue, questo cibo è vantaggioso [338d] e giusto anche per noi, che siamo inferiori a lui”.

“Sei disgustoso, Socrate!”, esclamò. “Interpreti il discorso in modo da stravolgerlo completamente!”.

“Nient’affatto, esimio!”, replicai. “Esprimi tu più chiaramente cosa intendi dire!”

“Allora non sai”, disse, “che alcune città sono governate da tiranni, altre hanno un regime democratico, altre ancora un regime aristocratico?”

“Come no?”

“E in ogni città non comanda la forza che è al governo?” 

“Naturalmente”.

[338e] “E ogni governo stabilisce le leggi in base al proprio utile: la democrazia istituisce leggi democratiche, la tirannide leggi tiranniche, e così gli altri governi; e una volta che le hanno stabilite proclamano ai sudditi che il proprio utile è giusto e puniscono chi lo trasgredisce come persona che viola le leggi e commette ingiustizia. Questo, carissimo, è ciò che io chiamo il giusto, [339a] lo stesso per tutte le città: l’interesse del potere costituito. Esso ha dalla sua la forza, tanto che, se si fa un ragionamento corretto, il giusto si identifica ovunque con l’interesse del più forte”.

“Ora ho capito il senso della tua affermazione”, dissi, “e cercherò di capire se è vera o no. Dunque, anche tu, Trasimaco, hai risposto che il giusto è l’interesse; eppure mi avevi proibito di rispondere così. C’è però un’aggiunta: “del più forte“.

[339b] “Un’aggiunta da poco, forse!”, disse.

“Non è ancora chiaro neanche se sia importante; è però chiaro che bisogna esaminare se dici il vero. Anch’io, infatti, riconosco che il giusto è qualcosa di utile, ma tu, con la tua aggiunta, dici che lo è per il più forte; e io non ne sono sicuro. Perciò bisogna esaminare questo punto”.

“Esamina pure!”, esclamò.

“Lo farò”, dissi. “Rispondimi, dunque: non affermi anche che è giusto obbedire ai governanti?”

“Certamente!”.

[339c] “Ma in ogni città i governanti sono infallibili e possono anche sbagliare?”

“Sicuramente possono anche sbagliare”, rispose.

“Perciò, quando si mettono a istituire le leggi, alcuni le istituiscono correttamente, altri no?”

“Credo di sì”.

“E legiferare bene significa stabilire ciò che per loro è utile, legiferare male stabilire ciò che per loro è svantaggioso? O com’è che poni la questione?”

“Così”.

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