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PLATONE - Leggi I 625d – 626a (La guerra è il fine della Costituzione di Creta) - Pace II

Qual è la finalità della costituzione di uno Stato? E quale relazione intercorre tra la costruzione di uno Stato e la guerra o la pace?

Platone, nel libro I delle Leggi, pensando che tra le città perduri una condizione perenne di conflitto, sia in tempo di guerra che di pace, argomenta sull’importanza che uno Stato venga costituito e ordinato in modo da poter uscire vincitore da un eventuale contrapposizione armata con gli altri Stati.

ATENIESE – Dimmi perché la vostra legge impone l’uso di pasti in comune, la frequentazione delle palestre e l’abitudine delle armi.

CLINIA – ma io credo, forestiero, che chiunque possa cogliere senza difficoltà i motivi che hanno determinato la nostra costituzione. In effetti è evidente che la configurazione geografica di Creta nel suo complesso non è quella di una pianura, come ad esempio la Tessaglia [D], cosicché mentre i Tessali si servono per lo più dei cavalli, noi ci spostiamo a forza di gambe.

La nostra, dunque, è una terra accidentata e quindi particolarmente adatta all’esercizio delle gare podistiche. Pertanto, in tale ambiente è necessario avere armi leggere e correre con un equipaggiamento non pesante, nel quale sembrano rientrare, per la loro leggerezza, gli archi e le frecce.

Tutto questo presso di noi è stato finalizzato alla guerra e il Legislatore, per quanto mi risulta, ha predisposto ogni cosa a tale scopo, [E] tanto è vero che forse anche i pasti collettivi sono stati istituiti, muovendo dalla constatazione che tutti in tempo di guerra sono costretti dalla forza delle cose e per ragioni di sicurezza, a mangiare insieme per tutto il periodo della campagna.

E a me sembra che con ciò viene condannata implicitamente l‘ingenuità di molti, i quali non comprendono che fintanto che c’è vita c’è una guerra continua di ciascuno Stato contro l’altro e pertanto, se in tempo di guerra per motivi di sicurezza bisogna mangiare insieme e bisogna che un corpo speciale di ufficiali e subalterni monti la guardia, [626 A] altrettanto si deve fare in pace, perché ciò che la maggior parte degli uomini chiama pace lo è solo di nome, mentre in realtà fra le città perdura – quasi per legge naturale – uno stato di conflitto dichiarato di tutti contro tutti.

E, ponendoti in quest’ottica, forse scoprirai che il legislatore di Creta ha fissato per noi tutti il complesso del diritto pubblico e privato, con lo sguardo fisso alla condizione di guerra. Proprio a tale fine egli ci ha dato la consegna di custodire le leggi, [B] ritenendo che non esiste né possesso né impresa che siano di per sé vantaggiosi, in quanto, se non si ha la forza di vincere in guerra, tutti i beni dei vinti passano ai vincitori.

ATENIESE – Bene, ospite, mi sembri assai ferrato nella costituzione dei cretesi, ma ora spiegami questo in modo ancora più chiaro. Mi pare [C] che, dando la definizione della condizione di uno Stato ben ordinato, tu ritenga che esso debba essere organizzato in modo tale di vincere in guerra gli altri Stati. È vero?

CLINIA – È Proprio così. E io sono convinto che anche quest’altro nostro amico sia del mio stesso avviso.

MEGILLO – E di qual altra opinione, eccellente amico, potrebbe essere uno Spartano, chiunque egli sia?

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