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PAOLO CARBONI - Il tema del dono nella letteratura di viaggio e nella demologia sulla Sardegna tra Ottocento e Novecento - Dono

In questo brano Paolo Carboni racconta un’usanza sarda in cui il dono viene usato come strumento per mantenere la stabilità sociale.

1.3 Alcune usanze di dono e reciprocità nei resoconti dei primi viaggiatori in Sardegna

Tra le pratiche di dono e reciprocità tipiche della Sardegna tradizionale che trovano spazio nei resoconti dei viaggiatori ottocenteschi, ho scelto di prendere in considerazione due, l’istituto della paradura e l’ospitalità, perché maggiormente rispondenti all’oggetto della mia ricerca.

La paradura era un modo con cui la comunità pastorale faceva fronte in modo solidale a situazioni di emergenza.

Ogni qualvolta un pastore, per cause indipendenti dalla propria negligenza (abigeato, epidemie, o quant’altro) subiva delle perdite nel suo gregge, queste gli venivano reintegrate con il dono di una pecora da parte degli altri appartenenti alla comunità pastorale. Nel contesto economico e sociale che si è descritto, questo era un modo di mettere in moto la solidarietà paesana, che porgendo il proprio aiuto al pastore sfortunato, ristabiliva la parità di gruppo e ovviava ad una situazione potenzialmente dannosa per l’intero agglomerato sociale. […]

Si legga cosa scrive Tyndale sulla paradura:

“sebbene i pastori nutrano pochi rimorsi per il furto di bestiame ai danni del proprio vicino, che viene spesso commesso per colmare il vuoto dei capi morti, rubati o smarriti, tuttavia nei loro rapporti col prossimo affiora spesso un sentimento di generosità e di comprensione. Una tradizione invalsa fra loro, come fra i pastori galluresi, è la ponitura, secondo la quale, se un poveraccio ha bisogno di ricostruire un piccolo gregge, oppure un disgraziato deve far fronte ad una grossa perdita o ad un danno subito, gira per le cussorge confinanti, ed i pastori se non esistono motivi di vendetta, gli forniscono il tanto sufficiente per ricostruire il peculio.” (…)

Nel primo volume del Voyage, Della Marmora così ci descrive la paradura, riportandoci anche una sua considerazione: quest’uso sarebbe a suo dire degenerato a tal punto da incoraggiare nei derubati una non meglio precisata, “poltroneria, e viceversa da suscitare nei proprietari di bestiame il desiderio che venga abolito: “Alcune usanze dei contadini sardi meritano di essere citate, anche perché sembra abbiano un’origine remota. Quando un pastore ha subito notevoli perdite e vuole ricostituire il suo gregge, la tradizione gli dà facoltà di fare quella che si chiama ponidura o paradura. Si tratta d’una vera e propria questua di bestiame che egli fa nel suo paese e in quelli vicini. Ogni pastore gli dà almeno una bestia giovane e in tal modo si ricostituisce un gregge sufficiente a vivere senza che il danneggiato abbia alcun obbligo verso chi l’ha aiutato, oltre quello di comportarsi nello stesso modo con chi si trovasse nella medesima condizione. Quest’uso, che sembra sia antichissimo e risalga ai primi tempi della vita pastorale, era in origine più che lodevole nelle intenzioni, ma oggi è degenerato tanto che se ne abusa e ha come risultato quello di incoraggiare la poltroneria e la negligenza. La maggior parte dei proprietari di bestiame se ne lamentano e ne propongono l’abolizione.”

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