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MAURO CARBONE - Pistorius e il rovesciamento del platonismo. Il post-umano, il simulacro, la carne. - Imperfezione

Il testo proposto, tratto da un saggio del filosofo Mauro Carbone, che insegna Estetica presso l’Università di Lione, offre una chiara ricostruzione di un celebre passo del dialogo platonico Il Sofista. L’impostazione di Platone [428 a. C. – 349 a. C.] in merito al tema della perfezione si è affermata nel linguaggio ordinario, sovrapponendosi al significato che Spinoza chiama “primitivo”. Il filosofo antico, come è noto, ritiene che gli enti del mondo sensibile siano copie delle idee (paràdeigma); tra le copie, però, si devono distinguere le immagini fedeli, ossia quelle che aderiscono al modello e sono quindi perfette (eikon), e le immagini infedeli, che se ne allontanano e sono dunque imperfette (phàntasma). La tesi platonica ha evidenti implicazioni assiologiche, che non sfuggono a Carbone: le copie imperfette, nella misura in cui non rispettano il canone dell’idea, sono concepite come degeneri.

E’ noto come, nel dialogo Il Sofista, Platone distingua l’eidos, ossia l’“idea”, l’“essenza”, la “forma” permanente che nell’aldilà fungerebbe da modello (paràdeigma) delle cose terrene, dalla sua copia fedele in quanto ne rispetta le proporzioni (l’immagine che chiamava eikon) e da una sua copia infedele, che solo apparentemente somiglia al proprio modello e che perciò risulta da condannare: l’immagine chiamata eidolon o, più precisamente, phantasma (“simulacro”).


La distinzione qui introdotta da Platone è esaminata e discussa da Gilles Deleuze2 nel primo paragrafo del suo saggio ora inserito in appendice a Logica del senso col titolo “Simulacro e filosofia antica”, ma in una versione precedente pubblicato col più significativo titolo Renverser le platonisme: un titolo che […] annuncia il carattere di programma filosofico che tale saggio riveste per il pensiero di Deleuze, impegnato appunto a “rovesciare il platonismo”, inteso come versione semplificata della filosofia con cui Platone ha contribuito, più di ogni altro, a elaborare l’impostazione metafisica dominante nella cultura occidentale. Riferendosi al brano del Sofista prima ricordato, nel saggio in questione Deleuze osserva come rovesciarne l’impostazione significhi rinunciare a porre l’identità stabilita dall’idea a fondamento di ogni somiglianza e a discrimine di ogni differenza, per affermare invece come sia appunto l’incessante ricorrere e accostarsi delle differenze a poter produrre effetti di somiglianza o addirittura di identità. E’ tuttavia nei termini dell’impostazione platonistica che tendiamo tuttora a pensare. Confrontandoci con quei termini, senza dubbio possiamo dichiarare che il post-umano non è mimèsi dell’umano, ossia “copia fedele” di una certa “forma” di vita intesa quale “modello” da imitare. Semmai, da Blade Runner in poi, a un primo sguardo il post-umano sembra offrire proprio quella somiglianza soltanto apparente su cui il detective del film indaga, non diversamente da Platone, allo scopo di individuare ed eliminare le “copie infedeli”: i “replicanti”. Il post-umano sembra dunque imitare l’umano, ma in realtà se ne differenzia in virtù di uno scarto tecnico. In questa luce, il compito della commissione atletica incaricata di stabilire se Oscar Pistorius possa o no partecipare ai prossimi Giochi Olimpici per normodotati da un lato mi sembra confermare come tuttora sia prevalente un’impostazione platonistica di pensiero, dall’altro mi sembra risultare, quel compito, evidentemente insensato.


Ma dire tutto questo certo non basta, se tende comunque a suggerire l’umano come modello originario di cui il post-umano si rivelerebbe la semplice, benché inquietante, “copia infedele” in quanto tecnicamente potenziata. Chiarificatrici e significative risultano in proposito le dichiarazioni riguardanti Pistorius rilasciate da un atleta privo di un solo arto inferiore, il quale, mentre augurava al sudafricano di poter gareggiare con i normodotati, sperava non lo facesse con chi si trova in condizioni come le proprie, perché quando si è privi di un solo arto, la protesi deve ancora imitare il modello, deve ancora assomigliare, insomma: per questo alcuni atleti in quelle condizioni studiano ora protesi in grado di immobilizzare la gamba umana ed essere così finalmente “post-umani”. Se infatti le protesi che Pistorius adopera nella vita quotidiana lo rendono evidentemente somigliante agli altri esseri umani, quelle al carbonio che usa per correre non solo gli impediscono di star fermo o camminare normalmente, ma rinunciano persino a produrre una “somiglianza soltanto apparente”. Sganciarsi dall’umano inteso quale modello sembra dunque diventato l’obiettivo che segnala il radicalizzarsi della prospettiva post-umana, quell’obiettivo che i replicanti di Blade runner, invece, non sapevano ancora porsi. Non a caso la Tyrell Corporation li pubblicizzava con lo slogan “più umano dell’umano” e Antonio Caronia parla pur sempre del loro come “corpo replicato”, mentre le protesi da corsa utilizzate da Pistorius ne sembrano favorire piuttosto il divenire-animale, giacché suggeriscono l’insistita assimilazione tra la sua falcata e la corsa di un ghepardo: effetto di somiglianza prodotto dall’accostarsi di differenze. Ecco allora che una questione adeguatamente radicale mi pare vada indagata, una questione che così potrebbe forse esser formulata: se il post-umano viene a caratterizzarsi per lo scarto tecnico attraverso il quale tende a sganciarsi, dicevo, dall’umano inteso quale modello, in che senso parlare a proposito di un tale progetto, di “nuova carne”? Il diffuso ricorso a quest’ultimo termine non sarà traccia di una involontaria ma persistente subalternità al modello da cui viene programmato il congedo?

  • PATHS - Testo 5 - Imperfezione - Caldiroli.pdf  Scarica
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