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LUDWIG WITTGENSTEIN - Ricerche filosofiche - Imperfezione

Nelle Ricerche filosofiche il pensatore austriaco Ludwig Wittgenstein [1889 – 1951] riflette sui concetti di linguaggio e di significato, abbandonando l’impostazione che aveva caratterizzato la sua prima produzione (in particolare il Tractatus logico-philosophicus).
Il testo proposto fornisce l’occasione di problematizzare la nozione di imperfezione come mancata adesione ad un modello prestabilito; questa concezione, infatti - di derivazione platonica - sembra implicare l’esistenza, per ciascun ente, di un’essenza che gli è propria, senza la quale esso non sarebbe più riconoscibile come quell’ente. Wittgenstein, a partire dal problema della definizione di “numero” (e, in modo più esemplificativo, di “gioco”), propone di sostituire alla definizione - prescrittiva - “per essenza”, che assume a priori un quid sostanziale, quella - descrittiva - “delle somiglianze di famiglia”, che individua una rete di connessioni mediante cui forme diverse di “numero” (e di “gioco”) si collegano tra loro. La rete non garantisce una stabilità assoluta (in altre parole dobbiamo rinunciare ad usare la parola per indicare un concetto rigidamente determinato); ma fornisce comunque un terreno comune nella definizione del significato, i cui confini sono sfumati e, per ciò stesso, inclusivi.

“Bene; dunque per te il concetto di numero si definisce come la somma logica di quei singoli concetti, tra loro imparentati: numero cardinale, numero razionale, numero reale, ecc., e analogamente il concetto di gioco si definisce come somma logica dei corrispondenti concetti parziali”. – Le cose non stanno necessariamente così. È vero che posso imporre confini rigidi al concetto numero, posso cioè usare la parola “numero” per designare un concetto rigidamente delimitato; ma posso anche usarla in modo che l’estensione del concetto non sia racchiusa da alcun confine. E proprio così usiamo la parola “gioco”. Infatti, in che modo si delimita il concetto di gioco? Che cosa è ancora un gioco e che cosa non lo è più? Puoi indicare i confini? No. Puoi tracciarne qualcuno, perché non ce ne sono di già tracciati.
Come faremo allora a spiegare a qualcuno che cos’è un gioco? Credo che gli descriveremo alcuni giochi, e poi potremmo aggiungere: “questa, e simili cose, si chiamano giochi”. E noi stessi, ne sappiamo di più? Forse soltanto all’altro non siamo in grado di dire esattamente che cos’è un gioco? – Ma questa non è ignoranza. Non conosciamo i confini perché non sono tracciati. Come sè detto, possiamo – per uno scopo particolare – tracciare un confine. Ma solo con ciò rendiamo il concetto utilizzabile? Niente affatto! Tranne che per questo scopo particolare. Allo stesso modo, per rendere utilizzabile la misura di lunghezza un passo non è affatto necessario dare la definizione: 1 passo = 75 cm. E se vuoi dire “Ma prima non era affatto una misura esatta”, ti rispondo: bene, allora era una misura inesatta. – Benché tu mi sia ancora debitore della definizione di esattezza.

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