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JOHN STUART MILL - Considerazioni sul governo rappresentativo - Governo

Governare può essere questione pratica oppure il risultato di un processo autonomo dopo che si sono generate forme spontanee di organizzazione. Da qualunque prospettiva lo si approcci, per Mill, il governo deve muovere da una concretezza che dialoghi con la realtà.

Tutte le teorie sulle forme di governo recano l’impronta, più o meno profonda, di due opposte concezioni delle istituzioni politiche. Si tratta, più precisamente, di due visioni antitetiche su cosa sono le istituzioni politiche. Secondo alcuni interpreti, il governo è un’arte strettamente pratica che affronta solo delle questioni relative ai fini e ai mezzi. Le forme di governo vengono assimilate a uno strumento per il raggiungimento di scopi. Esse si configurano come il risultato di invenzioni. Siccome sono create per l’uomo, si sostiene che solo l’uomo ha la possibilità o meno di metterle in funzione e di delinearne il modello. Secondo questa concezione, il governo è un problema al pari di una qualsiasi altra faccenda. Un primo passo da fare è quello di definire i compiti che spettano ai governi. Il passo successivo è quello di rintracciare la forma di governo migliore per raggiungere determinati obiettivi. Dopo aver chiarito questi punti e individuata la forma di governo che combina il maggiore beneficio con il minore costo, non resta che cercare il consenso dei cittadini o di coloro cui sono destinate le istituzioni. Per chi segue questo approccio alla filosofia politica, l’essenziale è ricercare la migliore forma di governo, convincere gli altri che effettivamente è la migliore, e, dopo averli convinti, sollecitarli a prendere iniziative per istaurarla. Chi adotta questo metodo guarda a una costituzione (con le dovute differenze di importanza) con la stessa prospettiva con cui si prendono in esame una macchina a vapore o una trebbiatrice. Questa dottrina che assimila una forma di governo a una macchina non è condivisa da altri pensatori politici. Per essi le istituzioni sono una specie di prodotto spontaneo. La scienza del governo è vista come una branca per così dire della storia naturale. Le forme di governo, pertanto, non possono configurarsi come una questione di scelta. Le istituzioni, nella maggior parte dei casi, vanno assunte così come si presentano. I governi non possono essere costruiti sulla base di un disegno astratto. «I governi non si creano ma si sviluppano da soli.» Come per ogni altro fenomeno, ciò che interessa è di conoscere la naturale struttura delle istituzioni e di adattarvisi. Secondo questa scuola di pensiero, le istituzioni politiche fondamentali di un popolo sono una sorta di prodotto organico della natura e della vita di un popolo. Le istituzioni sono un derivato delle abitudini, dei suoi istinti, dei desideri inconsapevoli. Raramente sono il risultato di una esplicita deliberazione di un popolo. La volontà popolare interviene solo per soddisfare esigenze contingenti attraverso soluzioni provvisorie. Questi congegni resistono in genere solo se mostrano una sufficiente conformità ai sentimenti e al carattere nazionale. Grazie poi a successivi aggiustamenti si dà vita a una policy adatta alla comunità che la esprime, ma che invano ci si sforzerebbe di esportare in un altro popolo la cui natura non l’ha spontaneamente espressa.

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