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JEAN-PAUL SARTRE – L’essere e il nulla - Responsabilità

“L’uomo è condannato ad essere libero”, queste parole sono parte della riflessione che Sartre fa sul peso della responsabilità che deriva dalle libertà di cui gode l’uomo. Ogni essere umano deve imparare a sopportare il carico delle conseguenze che derivano dalle azioni che compie perché sono il naturale prodotto delle sue scelte.

Libertà e responsabilità

Quantunque le considerazioni che seguiranno interessino piuttosto il moralista, si è pensato che non sarebbe inutile, dopo queste descrizioni e queste argomentazioni, ritornare sulla libertà del per-sé e tentare di comprendere ciò che rappresenta per il destino umano il fatto di questa libertà.

La conseguenza essenziale delle nostre precedenti osservazioni, è che l'uomo, essendo condannato ad essere libero, porta il peso del mondo tutto intero sulle spalle: egli è responsabile del mondo e di se stesso in quanto modo d'essere. Prendiamo la parola “responsabilità” nel suo senso banale di “coscienza di essere l'autore incontestabile di un avvenimento o di un oggetto”. In questo senso, la responsabilità del per-sé è molto grave, perché è colui per cui succede che c’è un mondo; e poiché è pure colui che si fa essere, qualunque sia la situazione in cui si trova, il per-sé deve assumere interamente la situazione col suo coefficiente di avversità, fosse pure insostenibile; deve assumerla con la coscienza orgogliosa di esserne l'autore, perché gli inconvenienti peggiori o le peggiori minacce che rischiano di raggiungere la mia persona non hanno senso che per il mio progetto; compaiono sullo sfondo del mio progetto di impegno. È quindi insensato pensare di rammaricarsi perché nulla di estraneo ha deciso di ciò che proviamo, di ciò che viviamo o di ciò che siamo. D'altra parte, questa responsabilità assoluta non è accettazione: è semplice rivendicazione logica delle conseguenze della nostra libertà.

Quello che mi accade, accade per opera mia e non potrei affliggermene né rivoltarmi né rassegnarmi. D'altra parte tutto ciò che mi accade è mio: con ciò bisogna intendere che sono sempre all'altezza di quello che mi accade, in quanto uomo, perché ciò che accade agli uomini per opera di altri uomini e di se stesso non potrebbe essere che umano. Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture non creano stati di cose inumani: non ci sono situazioni disumane; è solo per paura, fuga e ricorso a comportamenti magici che deciderò dell'inumano: ma questa decisione è umana e ne sopporterò tutta la responsabilità.

Ma la situazione è mia inoltre, perché è l'immagine della libera scelta di me stesso e tutto ciò che mi presenta è mio in quanto che mi rappresenta e mi simbolizza. Non sono forse io che decido del coefficiente di avversità delle cose, e persino delle loro imprevedibilità, decidendo di me stesso? Così, non ci sono accidenti in una vita; un avvenimento sociale che scoppia improvvisamente e mi trascina non viene dall'esterno; se sono mobilitato in guerra, questa guerra è la mia, essa è a mia immagine e la merito. La merito dapprima perché potevo sempre sottrarmici col suicidio o la diserzione: queste possibilità estreme devono sempre esserci presenti allorché si tratta di considerare una situazione.

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