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HENRI LEFEBVRE - Spazio e politica - Città II

In questo brano tratto da un saggio che ha avuto una grande fortuna, l’autore analizza il rapporto – critico – tra l’industrializzazione e l’urbanizzazione, proponendo una chiave interpretativa della città che risulta ancora attuale.

La città e l’urbano

Dire che la società contemporanea è in mutazione è diventata una banalità. Il termine “mutazione” ha un contenuto preciso solo in biologia; quando lo si usa con un significato sociologico è un'immagine, una metafora, piuttosto che un concetto. Che rischia di occultare la domanda: verso cosa stiamo andando? Nondimeno tale "mutazione" è caratterizzata da una molteplicità di crisi che si intrecciano le une con le altre, dalle crisi economiche e dell’economia politica alle crisi dell’arte, della letteratura, del cinema, del teatro, dell'università ecc. Ma in questo intreccio, in questa reciproca interferenza di varie crisi si pone un problema; c'è una crisi, o alcune crisi, più importanti, più decisive delle altre? L'esposizione che qui comincia si basa sull'ipotesi che la crisi della realtà urbana sia la più importante, più centrale di tutte le altre.

È una prassi comune parlare di società industriale. Questo termine è criticabile nel senso che non mette in evidenza alcuni rapporti sociali costitutivi del processo di industrializzazione, I rapporti di produzione esigono un'analisi che l'espressione "società industriale" tende a eludere mettendo l'accento sulla produzione materiale, sulla crescita pura e semplice della produzione e non sui rapporti sociali di produzione. Con queste riserve molto importanti e che indicano qui ancora come un presunto concetto si trasformi in immagine e in metafora, noi useremo l'espressione società industriale. Si può dire che la società industriale determina l'urbanizzazione. Questa constatazione, questa formula, sono divenute una banalità. Tuttavia è meno banale chiedersi se le conseguenze del processo di urbanizzazione non diventino rapidamente più importanti della sua causa iniziale, l’industrializzazione. La tesi qui presentata è che la problematica urbana sposta e modifica profondamente la problematica originata dal processo di industrializzazione. Mentre la maggior parte dei teorici, e anche dei "pratici", che procedono in modo empirico, considera ancora l'urbanizzazione come una conseguenza esterna e minore, quasi accidentale, del processo fondamentale, l'industrializzazione, noi affermiamo il contrario. In questo processo dal duplice aspetto accade qualcosa di molto importante; in termini classici: un salto di qualità. La crescita quantitativa della produzione economica ha prodotto un fenomeno qualitativo, che si traduce anch’ esso in una problematica nuova: la problematica urbana. È fondamentale capirlo e prenderne conoscenza per non ripetere un errore teorico e pratico; questo errore consiste nel fatto che si pretende di trarre dalla razionalità dell'impresa — esperienza dell'industrializzazione — modelli e schemi applicabili alla realtà urbana in formazione. Si vorrebbe trattare questa realtà alla luce dell'impresa e come un'impresa. Ebbene, la razionalità dell'impresa, della sua organizzazione, della divisione del lavoro che essa comporta, è stata un'acquisizione fondamentale del periodo industriale, ma è inadeguata per il periodo che sta cominciando e che deve elaborare una forma nuova di razionalità: la razionalità urbana. Prolungare l'antica razionalità, applicarla sconsideratamente, determina ogni tipo di errori e d'illusioni che ritroviamo in ciò che chiamiamo "urbanistica". I termini "società urbana" non possono essere usati a proposito di qualunque città o agglomerato storico; nella prospettiva qui definita, indica una realtà in formazione, in parte reale in parte virtuale: il che significa che la società urbana non è completata. Si sta costruendo. È una tendenza che già si manifesta ma destinata a svilupparsi.

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