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FILIPPO TURATI - Discorso alla Camera dei deputati del 21/11/1918 - Rivoluzionaria deve essere la pace - Pace II

La pace che scaturisce da un conflitto tanto devastante e rivoluzionario, come la prima guerra mondiale, non può che essere altrettanto rivoluzionaria. Filippo Turati, di fronte alla Camera dei deputati, riflette sulla necessità di costruire una pace che deve maturare da un percorso condiviso sulle condizioni stesse che ne definiscono la natura e garantire i diritti di tutto il popolo. Solo così, solo essendo profondamente rivoluzionaria, la pace può essere duratura e garante di equità.

 [….] On. Orlando [scil. il Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia], ci avete detto spesso (qualche volta in tono di rimprovero per non averlo detto noi, secondo a voi parve, abbastanza sentito) e lo avete ripetuto con molta eloquenza ieri, che questa guerra era essenzialmente rivoluzionaria; che essa rappresenta una rivoluzione   anche di gran lunga più grande di quella che è la Grande Rivoluzione per antonomasia, quella dell’ ’89!

         Orbene, noi non possiamo darvi torto; noi potemmo desiderare che ai risultati della guerra si giungesse per vie meno sanguinose; potremmo rammaricarci che l’Internazionale dei Lavoratori, avversata sempre dalle classi dirigenti, non fosse ancora giunta a tal grado di compattezza, di coscienza e di forza da poter imporre il «giù le armi!» e condurre alle stesse mete per altre, per le proprie vie; ma non possiamo negare il fatto, e serbare il broncio alla storia perché ha seguito i suoi sentieri e non si è adagiata nei nostri piccoli schemi mentali.

La guerra è stata rivoluzionaria, lo è, lo sarà. Lo fu forse, anche, perché noi la negammo: lo fu perché, dopo tre anni che si trascinava nella più desolante impotenza risolutiva, sono intervenuti elementi nuovi che l’hanno trasformata e travolta.

Quando Wilson [scil. il presidente degli Stati Uniti d’America], dopo aver proclamato con noi quel principio disfattista che sapete: «né vincitori né vinti!», vide che un vincitore si affacciava, che un’egemonia si instaurava; con una felice incoerenza formale e con una magnifica coerenza sostanziale, intervenne a impedire che il vincitore ci fosse.

Comunque, rivoluzionaria fu la guerra; e poiché essa fu ed è rivoluzionaria, rivoluzionaria deve essere la pace che ne scaturisce, la pace che deve maturarne e raccoglierne i frutti. Altrimenti voi, On. Orlando, se questo non fosse, avreste chiamato rivoluzionaria la guerra nel senso del solo brutale massacro; e non la vittoria sarebbe rivoluzionaria, ma solo la disfatta!

         Orbene On. Orlando, noi siamo qui, messaggeri della classe più numerosa, che più ha sofferto, che deve e dovrà soffrire ancora, più di ogni altra, le conseguenze tremende della guerra, noi veniamo in nome di questa classe più sacrificata (non vi sembri demagogica la frase, badate al concetto) a chiedervi la rivoluzione che avete annunziata.

         Chiediamo alla camera italiana di sentire veramente oggi, e di veramente colere, quel che ieri applaudiva e approvava sulle eloquenti labbra dell’On. Orlando; di fare onore agli impegni assunti con lui; di andare incontro volenterosa ai nuovi destini. Questa la nostra funzione: funzione che è nel miglior senso pacifica e conservatrice.

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