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ARISTOTELE - Fisica II 8 - Imperfezione

Nel testo proposto, tratto dalla Fisica di Aristotele [385 – 322 a. C.], lo Stagirita discute della possibilità che esista in natura una “finalità senza intenzione”. Le caratteristiche strutturali e comportamentali degli enti naturali, infatti, sembrano assolvere a scopi ben precisi; questa constatazione, tuttavia, per il filosofo, non comporta l’esistenza di una mente intelligente che preordina il mondo naturale. È anzi possibile affermare che una certa cosa soddisfi un determinato fine (rivesta cioè una funzione), pur in assenza di una volontà progettuale che ha posto intenzionalmente quel fine (più che di finalismo, quindi, la posizione aristotelica potrebbe essere considerata un esempio di funzionalismo).

Delle cose che accadono, talune si producono in vista di qualcosa, altre no. Delle prime, talune sono prodotte per scelta, altre no; ma sia le une che le altre, si producono in vista di qualcosa.
[…] Nelle cose che si generano o esistono per natura, è presente l’operare in vista del fine [eneka tou]. Inoltre, nelle cose nelle quali esiste un qualche fine, ciò che viene prima è fatto in vista di ciò che viene dopo. Quindi, come avviene nell’agire, [10] così accade in natura; e come avviene in natura, così accade anche in ogni azione, se niente lo impedisce. Ora l’agire è in vista di un fine; allora, anche il fine è per natura. Ad esempio, se una casa fosse fra le cose che sono per natura, essa verrebbe prodotta allo stesso modo in cui ora è costruita per mezzo della tecnica. E se le cose che sono da natura, fossero fatte non solo da natura, ma anche fossero prodotte con la tecnica, sarebbero prodotte in quello stesso modo nel quale esse sono prodotte per natura. [15] Dunque l’uno è in vista dell’altro. In generale, talvolta l’arte porta a compimento quanto la natura è impossibilitata a fare, talaltra imita la natura. Se dunque le cose che sono secondo arte sono fatte in vista di un fine, è chiaro che anche le cose che sono secondo natura lo sono. Infatti, il rapporto tra ciò che viene dopo e ciò che viene prima opera nello stesso modo in entrambe. [20] E questo appare in modo del tutto ovvio negli animali diversi dall’uomo, i quali non operano né per arte, né dopo avere cercato o preso una decisione. Sulla base di questi fatti, taluni pongono il problema se ragni, formiche o altri insetti di questo tipo, operano con intelligenza o con qualche altra facoltà. Procedendo ulteriormente su questo versante, anche nelle piante appare che le cose convenienti si generano in [vista del fine: ad esempio, le foglie in vista della protezione del frutto. Sicché se è per natura e in vista del fine che la rondine fa il suo nido e il ragno la sua tela, e le piante fanno crescere le foglie in vista del frutto, e le radici si orientano non all’insù ma all’ingiù in funzione del nutrimento, è allora evidente che [30] una causa di questa specie esiste nelle cose che si generano e esistono per natura. E dal momento che la natura è duplice, da un lato materia e dall’altro forma – e essa è fine, mentre le altre cose sono in vista del fine –, la forma allora sarà causa in quanto causa finale. Vi sono degli errori anche nelle cose che sono prodotte dall’arte; così, ad esempio, il grammatico non ha scritto correttamente, e il medico ha somministrato male [35] la medicina. E perciò evidente che la stessa cosa è possibile anche nelle cose che sono [199 b] secondo natura. Se dunque nelle cose che sono secondo tecnica, ciò che è fatto correttamente, è fatto in vista del fine; e nelle cose che presentano degli errori, anch’esse sono state fatte in vista del fine, ma lo hanno mancato; allora, allo stesso modo avverrà nelle cose naturali, e i mostri sono un errore nel conseguimento del fine. [5] E dunque nella conformazione originaria i bovini, se vengono meno nel conseguimento di un certo termine e fine, questo accade per il fatto che si è corrotto un qualche principio, come avviene se si ha a che fare un seme guasto. […]
Inoltre, anche [10] nelle piante è presente la causa finale, ma meno differenziata. Se dunque anche nelle piante si generassero esseri così come accade per i bovini con muso di uomo, anche fra le piante dovremmo avere viti con testa di ulivo? In effetti è assurdo, ma dovrebbe accadere, se questo accade anche fra gli animali. Inoltre, anche fra i semi, qualcosa deve essersi prodotto a caso. Ma colui che [15] afferma questo in senso assoluto, sopprime le cose da natura e la stessa natura. In effetti sono da natura tutte quelle cose che, mosse in modo continuo in se stesse da un qualche principio immanente, giungono ad un fine: e da ciascuna cosa non è conseguito il medesimo fine, né ciò che capita, ma la tendenza in ogni cosa è costante, a meno [che non vi sia un qualche ostacolo. […] Ed è assurdo ritenere che non vi sia un fine, se non si scorge l’agente che decide. Anche l’arte non delibera. Se l’arte di costruire le navi fosse immanente nel legno, infatti, allora essa produrrebbe il suo risultato nello stesso modo che per natura. Sicché, [30] se nell’arte è presente la causa finale, allora essa anche nella natura. Questo appare particolarmente evidente quando la medesima persona guarisce sé stessa. La natura in ciò le rassomiglia. È dunque evidente che la natura è causa, proprio come causa finale.

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