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PLATONE - Simposio - Amore II

Dialogo incentrato sul tema dell’amore, il Simposio mette in scena la discussione che ha luogo durante un banchetto al quale prendono parte retori, medici, commediografi, poeti e uomini politici. L’amore, in tutte le sue sfaccettature viene tematizzato e poi analizzato e definito. Nel brano che segue viene presentata la nascita e quindi la natura dell’amore stesso.

[202 D] Ma tu hai ammesso che Eros, per mancanza delle cose buone e belle, ha desiderio di queste cose di cui è mancante.

L’ho ammesso, infatti.

E allora, come potrebbe essere dio chi non è partecipe delle cose belle e delle cose buone?

In nessun modo, a quanto pare.

Dunque, vedi – disse – che anche tu non credi che Eros sia un dio?

Allora – dissi –, che cos’è Eros? È un mortale?

No, certo.

Ma, allora, che cos’è?

Come si è detto prima – disse. È qualcosa di intermedio fra mortale e immortale.

Allora che cos’è o Diotima?

Un gran demone, o Socrate, infatti, tutto ciò che è demonico [202 E] è intermedio fra dio e mortale.

E quale potere ha?, domandai.

Ha il potere di interpretare e di portare agli dei le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dei: degli uomini le preghiere e i sacrifici, degli dei, invece, i comandi e le ricompense dei sacrifici. E, stando in mezzo fra gli uni e gli altri, opera un completamento, in modo che il tutto sia ben collegato con se medesimo. Per opera sua ha luogo tutta la mantica e altresì l’arte sacerdotale che riguarda i sacrifici e le iniziazioni [203 A] e gli incantesimi e tutta quanta la divinazione e la magia. Un Dio non si mescola all’uomo, ma per opera di questo demone gli dei hanno ogni relazione ed ogni colloquio con gli uomini, sia quando vegliano, sia quando dormono. E chi è sapiente in queste cose è un uomo demonico; chi, invece, è sapiente in altre cose, in arti o in mestieri, e uomo volgare. Tali demoni sono molti e svariati; e uno di essi è Eros.

E io domandai: “E chi è suo padre? E chi è sua madre?” [203 B]

È cosa un po’ lunga da spiegare, pure te la dirò.
Quando nacque Afrodite, gli dei e tennero banchetto, e fra gli altri c’era Poros (l’espediente), figlio di Metis (la perspicacia). Dopo che ebbero tenuto il banchetto, venne Penia (la povertà) a mendicare, poiché c’era stata una grande festa, e se ne stava vicino alla porta. Successe che Poros, ubriaco di nettare, dato che il vino non c’era ancora, entrato nel giardino di Zeus, appesantito com’era, fu colto dal sonno. Penia, allora, per la mancanza in cui si trovava di tutto ciò che ha Poros, escogitando di avere un figlio da Poros, [203 C] giacque con lui e concepì Eros. Per questo, Eros divenne seguace e ministro di Afrodite, perché fu generato durante le feste natalizie di lei; ad un tempo è per natura amante di bellezza, perché anche Afrodite è bella.

Dunque, in quanto Eros è figlio di Penia e di Poros, gli è toccato un destino di questo tipo. Prima di tutto è povero sempre, ed è tutt’altro che bello e delicato, come ritengono i più. Invece, è duro [203 D] e ispido, scalzo e senza casa, si sdraia sempre per terra senza coperte, e dorme all’aperto davanti alle porte o in mezzo alla strada, e, perché ha la natura della madre, sempre accompagnato con povertà. Per ciò che riceve dal padre invece egli è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, ricercatore di sapienza per tutta la vita, straordinario incantatore, preparatore di filtri, sofista.

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