Attendere prego...
LEIBINIZ - Monadologia - Zombi

Una cosa è percepire un’altra è essere coscienti di ciò che stiamo percependo. Leibniz distingue tra percezione – funzione che appartiene anche agli animali e alle piante – e appercezione cioè la consapevolezza, delle proprie percezioni. Tale proprietà appartiene solo ed esclusivamente all’anima umana, monade della forma più elevata.

 

1. La monade, di cui qui parleremo, non è altro che una sostanza semplice, la quale entra nei composti; semplice, cioè senza parti.

2. È necessario che ci siano sostanze semplici, poiché ci sono dei composti. Il composto, infatti, non è altro che un ammasso, o aggregato di semplici. 

3. Dove non ci sono parti non ci sono né estensione, né figura, né divisibilità possibili. Queste monadi sono perciò i veri atomi della natura e, in una parola, gli elementi delle cose. 

4. Nemmeno c’è da temere una loro dissoluzione: è assolutamente impensabile che una sostanza semplice possa perire in modo naturale.

5. Per la stessa ragione è impossibile che una sostanza semplice inizi in modo naturale: non può formarsi per composizione.

6. Possiamo così asserire che le monadi non possono iniziare o finire se non in un lampo, cioè non possono iniziare se non attraverso creazione, né finire se non attraverso annichilazione; mentre ciò che è composto inizia o finisce tramite le parti.

7. Non c’è modo di spiegare come una monade possa venir alterata o mutata al suo interno da qualche altra creatura, poiché non vi si può trasporre nulla, né concepire in essa alcun movimento interno che possa essere suscitato, diretto, aumentato o diminuito, come invece è possibile nei composti, nei quali hanno luogo mutamenti tra le parti. Le monadi non hanno finestre attraverso cui qualcosa possa entrare in o uscire da esse. Gli accidenti non possono distaccarsi dalle sostanze né uscirne come, un tempo, le specie sensibili degli scolastici. Così, né sostanze né accidenti possono entrare, dal di fuori, in una monade.

8. È necessario, tuttavia, che le monadi abbiano qualche qualità altrimenti non sarebbero nemmeno degli esseri. E se le sostanze semplici non differissero per nulla quanto alle loro qualità, sarebbe impossibile scorgere un mutamento nelle cose, poiché ciò che è nel composto non può venire che da elementi semplici. Se le monadi fossero senza qualità, sarebbero indistinguibili l’una dall’altra, poiché, parimenti, non differiscono per quanto concerne la quantità. Di conseguenza, supposto il pieno, nessun luogo in moto perpetuo riceverebbe altro che l’equivalente di quanto posseduto precedentemente, e uno stato di cose sarebbe indiscernibile dall’altro.

9. È necessario anche che qualsivoglia monade sia differente da qualsiasi altra. Infatti non ci sono mai in natura due esseri perfettamente identici e nei quali non sia possibile trovare una differenza interna o fondata su di una denominazione intrinseca.

10. Considero inoltre concesso che ogni essere creato sia soggetto al mutamento, e di conseguenza anche la monade creata, e anche che tale mutamento sia continuo in ognuna .

11. Da quanto detto segue che i cambiamenti naturali delle monadi provengono da un principio interno, poiché una causa esterna non può influire sul loro interno. E in generale è lecito affermare che la forza non è altro che il principio del cambiamento.

12. Ma è necessario che, oltre al principio del cambiamento, ci sia un dettaglio di ciò che cambia, che determini, per così dire, la specificità e la varietà delle sostanze semplici.

13. Questo dettaglio deve implicare una moltitudine nell’unità o nel semplice. Infatti ogni mutamento naturale avviene per gradi, qualcosa cambia e qualcosa resta: di conseguenza occorre che nella sostanza semplice ci sia una pluralità di affezioni e di rapporti, benché essa manchi di parti.

14. Lo stato transitorio che implica e rappresenta una moltitudine nell’unità o nella sostanza semplice non è altro che ciò che si chiama percezione, che dobbiamo distinguere dall’appercezione o coscienza, come vedremo. I cartesiani hanno sbagliato proprio in questo, perché hanno preso per un nulla le percezioni delle quali non siamo consci. Per questo erano convinti che solo gli spiriti fossero monadi, che non vi fossero anime degli animali né altre entelechie. In tal modo hanno confuso, con il volgo, un lungo stordimento con la morte vera e propria, ricadendo così nel pregiudizio scolastico delle anime interamente separate e confermando gli ingegni sviati nell’opinione della mortalità delle anime.

15. L’azione del principio interno che opera il mutamento o il passaggio da una percezione a un’altra può essere denominato appetizione: è vero che l’appetito non può mai raggiungere interamente ogni percezione a cui tende, ma ne ottiene sempre qualcosa, e giunge a nuove percezioni.

16. Esperiamo in noi stessi una moltitudine nella sostanza semplice, quando troviamo che il minimo pensiero di cui siamo consci implica una varietà nell’oggetto. Così, tutti coloro che riconoscono che l’anima è una sostanza semplice devono riconoscere questa moltitudine nella monade. E Bayle non avrebbe dovuto riscontrarvi delle difficoltà, come invece ha fatto, nel suo dizionario alla voce Rorarius.

17. Sì è allora costretti ad annettere che la percezione e ciò che ne dipende non si può esplicare attraverso ragioni meccaniche, ossia tramite figure e moto. Perché se fingiamo che ci sia una macchina, che possa strutturalmente pensare, sentire, percepire, la si potrà concepire ingrandita, ma in modo tale che abbia conservato le stesse proporzioni, di modo che vi si possa entrare come in un mulino. Supposto questo, si troveranno, visitandone l’interno, solo parti che si spingono reciprocamente, mai qualcosa che spieghi la percezione. Perciò occorre cercarla nella sostanza semplice e non nel composto o macchina. Non si può trovare altro che questo nella sostanza semplice: non vi è nulla in essa al di fuori delle percezioni e dei loro mutamenti. Solo in questo possono consistere tutte le azioni interne delle sostanze semplici.

Per inserire commenti devi autenticarti.
Nessun commento.