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THOMAS HOBBES - De corpore - Zombi

Il De Corpore di Thomas Hobbes vide le stampe nel 1655: opera mediana di una trilogia filosofica che comprendeva, nell’ordine, il De Cive (1642) e il De Homine (1658).

In questo testo, il padre del materialismo filosofico moderno sviluppa una spiegazione in chiave rigorosamente meccanicista del prodursi della sensazione, della formazione delle immagini e dei meccanismi del piacere e del dolore che, a loro volta, danno origine alle passioni.

Nel passo citato di seguito, dopo aver definito l'essere senziente come un essere animato, e dopo aver descritto il risultato della sensazione nei termini di un phantasma che gli esseri senzienti e coscienti si formano a partire da un oggetto materiale, Hobbes individua la causa stessa delle sensazioni nell'eccitazione dei nervi e, con essi, del cervello. Infine, scarta l'ipotesi che la semplice reazione ad uno stimolo possa essere identificata come una espressione di un’attività senziente di tipo cosciente.

Riducendo l’emergere della coscienza alla sua dimensione corporea, Hobbes propone dunque una lettura in chiave radicalmente materialistica di tutte quelle funzioni tradizionalmente attribuite all’anima, che adesso vengono ad essere reinterpretate esclusivamente nei termini del semplice movimento delle parti del corpo.

Con la riflessione proposta nel De Corpore, siamo quindi oltre la sola meccanizzazione cartesiana delle attività vitali che la tradizione aristotelica attribuiva alla funzione vegetativa dell’anima. Per Hobbes, e per la tesi materialista di cui è stato il campione, anche facoltà eminentemente spirituali come il pensiero e la volontà non sono altro che l’espressione manifesta dei movimenti interni al nostro corpo. 

 

Ma, anche se ogni sensazione, come abbiamo detto, si ha per reazione, tuttavia non è necessario che ogni cosa che reagisce abbia una sensazione. So che ci sono stati dei filosofi, ed anche dei dotti, i quali hanno sostenuto che tutti i corpi sono dotati di senso; né vedo come, se la natura della sensazione si colloca unicamente nella reazione, essi possano essere confutati. Ma, anche se dalla reazione di corpi inanimati potesse nascere un fantasma, esso, tuttavia, allontanato l'oggetto, cesserebbe immediatamente; infatti, se non hanno, come li hanno gli esseri animati, degli organi idonei a ritenere il moto impresso, anche quando l'oggetto si è allontanato, sentiranno unicamente in modo che non ricordano mai di aver sentito; la qual cosa non riguarda per niente la sensazione, della quale ora si è fatto discorso. Infatti, per sensazione comunemente intendiamo un giudizio su cose offerteci da fantasmi, cioè fatto confrontando e distinguendo quei fantasmi: ciò che, se quel moto nell'organo da cui è nato il fantasma non rimane per un pezzo e lo stesso fantasma talvolta non ritorna, non può accadere. Dunque, alla sensazione, della quale qui si tratta e che comunemente così è chiamata, non è necessariamente legata una memoria con la quale sia possibile confrontare i fantasmi di prima con quelli di dopo e distinguere l'uno dall'altro. Quindi, anche alla sensazione propriamente detta è inerente una continua varietà di fantasmi, così che non si può distinguerli l'uno dall'altro. Se supponessimo, infatti, un uomo fatto con occhi chiari e con tutti gli altri organi della vista ben disposti, e poi non fornito di nessun altro senso, e rivolto sempre alla stessa cosa dello stesso colore e figura, tale che non appare nemmeno con la minima varietà, a me certamente sembrerebbe, checché ne dicano altri, che egli non veda più di quanto mi sembra che io senta, attraverso gli organi del tatto, le ossa dei miei arti; e, tuttavia, esse sono continuamente e da ogni parte toccate da una sensibilissima membra. Direi che egli è attonito e che forse, la cosa, la guarda stupito, non direi che la vede; tanto sentire sempre la stessa cosa e non sentire è lo stesso.

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