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GIORDANO BRUNO - Degli Eroici Furori - Amore

Con De gli Eroici Furori (1585) Giordano Bruno conclude il ciclo dei Dialoghi italiani, scritti alla corte elisabettiana tra il 1584 e il 1585. L’opera in questione è divisa in due parti e ciascuna è stata strutturata in cinque differenti dialoghi. In aggiunta, il cosiddetto ''Argomento del Nolano'' è posto a introduzione dell’opera tutta e ne chiarisce al lettore la natura e gli intenti. Nel testo dell’Argomento Bruno sostiene dunque un veemente attacco al petrarchismo – considerato quale vana moda poetica del tempo – perché incentrato sulla futile celebrazione della bellezza femminile mediante un uso del tutto illegittimo della duttilità del lessico amoroso. In questo senso, fin dall’introduzione all’opera, il filosofo di Nola tiene a chiarire la differenza che passa tra i versi dei poeti, i quali sfruttano le immagini del lessico amoroso per attribuire profondità spirituale a vicende esclusivamente basse e terrene, e la sua esperienza del furore eroico, ovvero la tensione amorosa che il Furioso sperimenta al fine di raggiungere una comprensione sovra-intellettuale dell’infinità del Cosmo. Quest’ultimo è il tema centrale che conferisce unità a tutto il testo, definendo l’Amore come un impeto che, pur nascendo dalla contemplazione platonica dei corpi, in alcune circostanze può condurre l’uomo a riscattare la sua finitezza, mutandola in esperienza dell’Infinito. Nel passo riportato di seguito – tratto dal I Dialogo della II Parte – si approfondisce dunque la relazione tra amore carnale e ricerca della conoscenza così come stabilita dalla nova philosophia bruniana. In questo scambio i due personaggi attribuiscono all’amore un duplice significato, gnoseologico e metafisico allo stesso tempo, con ciò dilatandone i confini dell’uso linguistico ben oltre il recinto del sentimento privato. Al contrario di quanto fanno i poeti, per Bruno la prerogativa della figura del Furioso è quella di forzare la volontà, anche attraverso l’amore carnale, allo scopo di pervenire alla conoscenza come dissoluzione dei contrari. La conoscenza della verità non si risolve dunque nella contemplazione del sapiente, né tantomeno è accomunata alla felicità e alla moralità dello sguardo indifferente con cui il saggio scruta le cose del mondo. Piuttosto, per Bruno, il Furioso rappresenta un altro livello sia della verità che della felicità e della moralità. Ed è proprio grazie a questo beneficio d’Amore che, partendo dall’esperienza del piacere carnale, egli oltrepassa la dimensione della contemplazione, approdando così ad una più nobile esperienza esistenziale, conoscitiva e morale. A differenza del sapiente, il quale decide di vivere alla ricerca della virtù, il Furioso orienta dunque i suoi comportamenti al doppio vizio, ossia forzando volontariamente la contrarietà e operando il disquarto di se stesso, accettando senza remore l’esperienza dell’amore carnale.

Cesarino: molto ben dimostri come a gli uomini di eroico spirito tutte le cose si convertono in bene, e si sanno servire della cattività in frutto di maggior libertade, e l’esser vinto una volta convertiscono in occasione di maggior vittoria. Ben sai che l’amor di bellezza corporale a color che son ben disposti non solamente non apporta ritardamento da imprese maggiori, ma di più tosto viene ad improntargli l’ali per venire a quelle: allor che la necessità de l’amore è convertita in virtuoso studio per cui l’amante si forza di venire a termine nel quale sia degno della cosa amata, e forse di cosa maggiore, migliore e più bella ancora; onde sia o che venga contento d’aver guadagnato quel che brama, o soddisfatto dalla sua propria bellezza, per cui degnamente possa spregiar l’altrui che viene ad essere da lui vinta e superata: onde o si ferma quieto, o si volta ad aspirare ad oggetti eccellenti e magnifici. E così sempre terrà tentando il spirito eroico, sin tanto che non si vede inalzato al desiderio della divina bellezza in se stessa, senza similitudine, figura, imagine e specie, se sia possibile: e più se sa arrivare a tanto.

Maricondo: Vedi dunque, Cesarino, come ha raggione questo furioso di risentirsi contra coloro che lo riprendono come cattivo de bassa bellezza a cui sparga voti et appenda tabelle; di maniera che quindi non viene rubelle dalle voci che lo richiamano a più alte imprese. Essendo che come queste basse cose derivano da quelle et hanno dipendenza, cossì da queste si può aver accesso a quelle come per proprii gradi [….].

 

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