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PLATONE - Simposio - Amore

Com’è noto, argomento centrale del Simposio è la ricerca della vera essenza dell’Eros: il suo ti estì, ovvero il suo che cos’è, per dirla alla maniera di Socrate. Nel corso del dialogo, allo scopo di rendere più proficua questa ricerca, Platone mette in scena, come di consueto, un complesso gioco drammaturgico di maschere e personaggi che, prendendo a turno la parola sull’oggetto della discussione, espongono il loro personale punto di vista sull’Amore. In quest’ottica, il contributo più significativo alla ricerca è sicuramente quello portato  in  dote  dalla  sacerdotessa  Diotima  di  Mantinea.  Nel  passo  proposto  di  seguito,  infatti,  il personaggio  di  Socrate  riferisce  agli  altri  convitati  ciò  che,  a  sua  volta,  egli  stesso  ha  appreso sull’argomento dagli insegnamenti di Diotima. Per bocca della sacerdotessa veniamo così a scoprire di come è nato Amore e, in conseguenza di ciò, quale sia la sua vera natura. Egli è un demone – ci informa Diotima – essere intermedio tra mortale e immortale. Ed è proprio da questa natura mediana che dipendono le sue funzioni, le sue finalità e i doni che reca agli esseri umani, non da ultimo la filosofia. Per mezzo della finzione dia-logica, dunque, Platone conduce il lettore fino alla verità su che cos’è Amore, perché è solo mediante la dia-lettica che è possibile scorgere la sostanza delle cose dietro il velo dell’opinione.

Socrate: Che cos’è Eros allora? – dissi – È un mortale? / Diotima: No di certo / Socrate: Ma allora che cos’è? [….] / Diotima: Un gran dèmone, Socrate: tutto ciò che è demoniaco è intermedio fra il dio e il mortale [….] / Socrate: E io domandai – E chi sono suo padre e sua madre? / Diotima: È una cosa un po' lunga da spiegare, pure te la dirò. Quando nacque Afrodite gli dei tennero un banchetto, e fra gli altri c’era Poros [Espediente], figlio di Metis. Dopo che ebbero tenuto il banchetto venne Penia [Povertà] a mendicare, poiché c’era stata una grande festa, e se ne stava vicina alla porta. Poros, ubriaco di nettare – il vino ancora non c’era – entrato nel giardino di Zeus, appesantito com’era, fu colto dal sonno. A causa della sua povertà, Penia escogitò di avere un figlio da Poros; giacque con lui e concepì Eros. Per questo Eros divenne anche seguace e ministro di Afrodite, perché fu generato durante le feste natalizie di lei; ed è allo stesso tempo amante di bellezza, perché anche Afrodite è bella. Poiché dunque Eros è figlio di Penia e di Poros, gli è toccato questo destino. Prima di tutto è sempre povero, ed è tutt’altro che bello e delicato, come ritengono i più. È duro, invece, e ispido, scalzo e senza casa, si sdraia sempre per terra senza copertura, e dorme all’aperto davanti alle porte e in mezzo alle strade e, proprio perché ha la natura della madre, coabita con la povertà. Per ciò che riceve dal padre, invece, egli è insidiatore di ciò che è buono, è coraggioso, temerario, impetuoso, straordinario cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di saggezza, pieno di risorse, filosofo per tutta la vita, straordinario incantatore, mago, sofista. E per sua natura non è né mortale né immortale ma, in uno stesso giorno, talora fiorisce e vive, quando riesce nei suoi espedienti, talora, invece, muore, ma poi ritorna in vita, a causa della natura del padre. E ciò che si procura gli sfugge sempre di mano, sicché Eros non è mai né povero di risorse né ricco. Inoltre sta in mezzo tra sapienza e ignoranza. Ecco come. Nessuno degli dèi fa filosofia né desidera diventare sapiente, dal momento che lo è già. E chiunque altro sia sapiente, non filosofa. Ma neppure gli ignoranti fanno filosofia, né desiderano diventare sapienti. L’ignoranza infatti ha proprio questo di penoso: chi non è né bello né buono né saggio ritiene invece di esserlo in modo sufficiente. Certo, chi non pensa di essere bisognoso, non desidera ciò di cui non ritiene di avere bisogno. / Socrate: Chi sono, allora, Diotima – io dissi – coloro che filosofano, se non lo sono i sapienti e neppure gli ignoranti? / Diotima: È chiaro – rispose – anche a un bambino che sono quelli che stanno in mezzo fra gli uni e gli altri, e uno di questi è anche Eros. La sapienza è una delle cose più belle, ed Eros è amore per il bello. Perciò è necessario che Eros sia filosofo e, in quanto filosofo, che sia intermedio tra il sapiente e l’ignorante. Anche causa di questo è la sua nascita: ha il padre sapiente e pieno di espedienti, e la madre non sapiente e priva di risorse. La natura del demone, caro Socrate, è dunque questa. Per quello che tu credevi che fosse Eros, non ti devi stupire. Come mi sembra dalle cose che dici, credevi che Eros fosse l’amato e non l’amante. Per questo, credo, Eros ti appariva tutto bello. L’oggetto dell’amore è ciò che nel suo essere è bello, attraente e perfetto. Invece l’amante ha tutt’altra natura, quella appunto che ti ho descritto.

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