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PLATONE - Protagora

Come può essere garantita la pace e la salvezza tra gli uomini? Qual è il fondamento delle città e della vita collettiva che permette di contrastare le ingiustizie? Platone, nel Protagora, argomenta e riflette sull’importanza della virtù politica, come senso del giusto e del rispetto.

Poiché inoltre l’uomo fu fatto partecipe di sorte divina, unico tra gli esseri viventi credette per prima cosa negli dèi e iniziò a innalzare statue e altari in loro onore. Ben presto poi articolò abilmente la voce e le parole, e si procurò abitazioni, vesti, calzature, giacigli e sostentamento dalla terra. Pur così provvisti, tuttavia, agli inizi gli uomini abitavano divisi – non esistevano città – perciò, essendo molto più deboli degli animali feroci, morivano a causa di questi ultimi: le tecniche produttive che possedevano, infatti, li soccorrevano adeguatamente nel procurarsi il cibo, ma non nel combattere le fiere, perché essi non possedevano l’arte politica della quale fa parte il combattere. Allora cercarono di unirsi e di trovare salvezza fondando città. Ma anche quando si radunavano, continuavano a commettere ingiustizie l’uno contro l’altro, sempre perché non conoscevano l’arte politica, e così, disperdendosi nuovamente, perivano. A quel punto Zeus, temendo che la nostra stirpe scomparisse del tutto, mandò Ermes a portare agli uomini il senso del rispetto e del giusto, perché fossero posti a fondamento delle città e favorissero i vincoli di amicizia.

Ermes chiese a Zeus in quale modo dovesse dare agli uomini il senso del giusto e del rispetto: “Li distribuisco anch’essi come sono state distribuite le tecniche? Cioè in modo che uno solo che possieda l’arte medica basti ai molti che non la possiedono, e così anche gli altri che prestano la loro opera al prossimo?

Distribuisco tra gli uomini in questo stesso modo anche il senso del giusto e del rispetto o li concedo a tutti?” “A tutti”, rispose Zeus, “in modo che tutti ne partecipino, perché non potrebbero sorgere città se il senso del rispetto e quello del giusto, come le altre arti, fossero posseduti da pochi; e quale legge voluta da me poni che sia ucciso, in quanto rovina della città, chi non sappia avere rispetto e giustizia.”

Quindi, Socrate, anche per queste ragioni, quando si tratta di cognizioni di architettura o di qualche altra arte produttiva, come gli altri pure gli Ateniesi ritengono che pochi abbiano il diritto di partecipare a una deliberazione, e, se qualcuno all’infuori di questi pochi suggerisce un parere, non lo tollerano, come tu dici; giustamente, aggiungo io. Ma quando si consultano su questioni di virtù politica e si deve quindi procedere del tutto secondo giustizia e saggezza, giustamente essi ascoltano chiunque di buon grado, convinti che tutti partecipino di queste virtù, perché altrimenti non vi sarebbero città. Questa, Socrate, ne è la ragione.

  • Parole a cui è associato questo materiale: Repubblica
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