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PLATONE - La Repubblica - Libro VIII

Platone, dopo aver delineato le caratteristiche che un governo ideale e perfetto dovrebbe avere e indicato le condizioni per una sua piena realizzazione, descrive le quattro forme di Stato che rappresentano l’una la degenerazione dell’altra, mettendone in discussione le peculiarità: timocrazia, oligarchia, democrazia e tirannide.

Libro VIII

“Bene. Siamo quindi d’accordo, Glaucone, che nella città destinata al governo più perfetto devono essere in comune le donne, i figli e l’intera educazione, come pure le occupazioni in pace e in guerra, e devono regnarvi i migliori nella filosofia e nella guerra”.

“Siamo d’accordo”, disse.

“E abbiamo anche convenuto che i governanti, una volta insediatisi, faranno alloggiare i soldati nelle abitazioni descritte sopra, dove nessuno avrà nulla di proprio, in quanto saranno comuni a tutti; e oltre a queste abitazioni abbiamo concordato, se ti ricordi, anche le norme che regoleranno i loro possessi”.

“Sì“, confermò, “ricordo: pensavamo che nessuno dovesse possedere nulla di ciò che ora possiedono gli altri, e che in qualità di atleti della guerra e di guardiani dovessero prendersi cura di sé e del resto della città, ricevendo come compenso per il loro servizio il mantenimento annuale da parte degli altri concittadini”.

“Giusto”, risposi. “Ma ora che abbiamo concluso la trattazione di questo argomento, richiamiamo alla memoria da quale punto abbiamo deviato fin qui, in modo da riprendere la strada di prima”. “Non è difficile”, disse. “Più o meno come adesso, facevi intendere di aver concluso il tuo discorso sulla città, sostenendo che consideravi buona la città corrispondente a quella da te descritta in precedenza, e buono l’uomo conforme ad essa, pur potendo indicare, a quanto sembra, una città e un uomo ancora migliori. Aggiungevi comunque che, se questa città è giusta, le altre sono sbagliate. E a quanto ricordo, dicevi che esistono quattro forme di governo, delle quali vale la pena di parlare per vederne gli errori, e quattro specie di uomini corrispondenti ad esse. Il tuo scopo era che esaminassimo tutti questi individui e ci accordassimo sul migliore e sul peggiore, per poi accertare se il migliore fosse il più felice e il peggiore il più infelice, o se le cose stessero altrimenti; quando poi ti chiesi quali fossero le forme di governo di cui parlavi, a quel punto intervennero Polemarco e Adimanto, e così tu, riallacciandoti al loro discorso, sei arrivato a questo punto”.

“La tua ricostruzione è esattissima!”, esclamai.

“Quindi, a mo’ di lottatore, offrimi di nuovo la stessa presa, e cerca di rispondere alla mia domanda come stavi per fare allora”.

“Se ci riesco”, dissi.

“D’altronde”, aggiunse, “desidero anch’io ascoltare quali sono le quattro forme di governo di cui parlavi”.

“Non ti sarà difficile ascoltarlo”, risposi. “Le quattro forme di cui parlo hanno anche dei nomi appositi: la prima, la più lodata, è quella cretese e spartana; la seconda, tale anche nelle lodi, è chiamata oligarchia ed è una forma di governo piena di molti mali. Diversa da questa è la democrazia, che la segue nell’ordine, e infine viene la vera e propria tirannide, che differisce da tutte queste, quarto ed estremo malanno per una città. Sai indicare qualche altra forma di governo che si possa collocare in una specie ben definita? Le monarchie ereditarie, i regni che si comprano e altre simili forme di governo rientrano in queste categorie, e si possono trovare tra i barbari non meno che tra i Greci”.

“In effetti le forme di governo di cui si parla sono molte e strane”, disse.

“Sai dunque”, dissi, “che anche gli uomini si dividono necessariamente in tante specie quante sono le forme di governo? O credi che le forme di governo nascano da una quercia o da una pietra anziché dai costumi presenti nelle città, che trascinano dietro tutto il resto indinando come il piatto di una bilancia?” “No, questa è l’unica causa”, rispose.

“Perciò, se i regimi vigenti nelle città fossero cinque, sarebbero cinque anche le disposizioni spirituali dei singoli individui”.

“Certamente”.

“Abbiamo già trattato dell’individuo simile al regime aristocratico, e l’abbiamo correttamente definito buono e giusto”.

“L’abbiamo già trattato”.

“Adesso quindi bisogna passare in rassegna gli uomini peggiori di lui, cioè l’uomo litigioso e ambizioso, modellato sulla costituzione spartana, e poi l’oligarchico, il democratico e il tirannico, allo scopo di individuare il più ingiusto e contrapporlo al più giusto, completando la nostra indagine sul rapporto tra la giustizia pura e l’ingiustizia pura riguardo alla felicità e all’infelicità del singolo? Così potremo scegliere se seguire l’ingiustizia, dando retta a Trasimaco, o la giustizia, secondo il discorso che ora stiamo portando avanti”.

“Bisogna assolutamente fare così”, rispose.

“Dunque, come abbiamo incominciato a studiare i caratteri prima nelle forme di governo che negli individui, poiché questo procedimento ci sembrava più chiaro, così anche ora bisogna prendere in esame innanzitutto la costituzione ambiziosa? Non conosco un altro nome con cui designarla: la si dovrà chiamare timocrazia o timarchia. E in relazione a questa esamineremo l’uomo timocratico, poi l’oligarchia e l’uomo oligarchico, in seguito dirigeremo la nostra osservazione verso la democrazia e l’uomo democratico, e per quarto andremo a vedere uno Stato tirannico e guarderemo dentro l’anima tirannica, cercando di esprimere un giudizio attendibile sulla questione che ci siamo proposti?” “Così l’osservazione e il giudizio sarebbero senz’altro ragionevoli”, rispose.

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