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ARISTOTELE - Etica Nicomachea

Al di là di tutte le esperienze soggettive che ci fanno definire quello che per ognuno di noi è piacere, risiede un piacere che è oggettivo di per sé e che può essere raggiunto in quanto sommo bene e virtù.

9. È evidente che tutti gli aspetti che si desiderano avere in una teoria della felicità si trovano in quanto abbiamo detto. Pare che per alcuni la felicità debba essere virtù, per altri saggezza, per altri un certo tipo di sapienza, per altri ancora tutte queste cose, o alcune di esse, accompagnate dal piacere o non disgiunte da esso; altri, poi, vi includono anche la prosperità esterna. Alcune di queste opinioni sono state sostenute da molti personaggi e antichi, altre solo da pochi, ma famosi: è ragionevole che nessuno di loro si sia sbagliato in tutto, ma che abbiano avuto ragione almeno su un punto, o anche su più di uno. Il nostro discorso è in armonia anche con quelli che dicono che la felicità è la virtù, o che è una qualche virtù; infatti è propria della virtù l’attività secondo virtù.

Ma è probabile che faccia non poca differenza il credere che il sommo bene consiste nel possesso o che consiste invece nell’uso, cioè nello stato abituale o nell’attività. Infatti è possibile [1099a] che lo stato abituale sia presente senza che si realizzi nulla di buono, per esempio in chi dorme o è in qualche modo sotto costrizione; mentre per l’attività ciò non è possibile, infatti chi è in attività agirà necessariamente, e avrà successo. Come nei giochi olimpici non vengono premiati i più belli e i più forti, ma coloro che si impegnano nelle gare, dato che alcuni di loro vincono, così quelli che agiscono correttamente risultano essere i vincitori delle cose belle e buone nella vita. Il loro modo di vivere è inoltre piacevole di per sé: il provare piacere è cosa che avviene nell’anima, e per ciascuno è piacevole quello di cui lo si dice ‘appassionato’, per esempio, per l’appassionato di ippica un cavallo, per lo spettatore appassionato uno spettacolo, e allo stesso modo sono piacevoli anche le azioni giuste per l’amante della giustizia e più in generale le azioni secondo virtù per l’amante della virtù. Ora, per la massa le cose piacevoli sono in conflitto tra loro, perché non sono piacevoli per natura, ma per gli amanti delle belle azioni sono piacevoli le cose piacevoli per natura. E tali sono le azioni secondo virtù, cosicché sono piacevoli e in sé e per costoro. Il loro modo di vivere, quindi, non ha affatto bisogno che si aggiunga il piacere, come se fosse una specie di decorazione posticcia, ma ha il piacere in sé stesso. Oltre a quanto abbiamo detto, infatti, vi è il fatto che non è nemmeno buono colui che non si rallegra per le sue belle azioni, infatti nessuno direbbe che è giusto colui che non si rallegra nel compiere azioni giuste, o generoso colui che non si rallegra nel compiere azioni generose, e lo stesso vale per tutti gli altri casi.

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