Attendere prego...
ARISTOTELE - Etica Eudemea, II - Uomo

Sofisticata riflessione di Aristotele, che definisce l’uomo come causa e principio delle azioni, come unico determinante (e discriminante) principio di attuazione e realizzazione delle azioni di cui abbiamo socialmente esperienza.

[1222 b/30] Poiché il principio, come nelle altre cose, è causa di ciò che per esso esiste o viene generato, occorre pensare proprio come facciamo nel caso delle dimostrazioni. Se infatti, possedendo il triangolo (angoli la cui somma corrisponde a) due retti, è necessario che il quadrilatero abbia quattro angoli retti, è evidente che la causa di questo fatto è che il triangolo ne possiede due retti. Se però il triangolo mutasse, dovrebbe necessariamente mutare anche il quadrilatero: per esempio, se il triangolo avesse (angoli corrispondenti a) tre retti, il quadrilatero ne avrebbe corrispondenti a sei e ad otto se il triangolo ne avesse quattro. Qualora però il triangolo non cambi e sia caratterizzato da tale proprietà, è necessario che anche il quadrilatero sia tale. Che ciò a cui abbiamo accennato è necessario risulta evidente dagli Analitici; ma ora non è possibile né negare né affermare in modo esatto, a parte quanto abbiamo già detto. Se infatti non esiste nessun'altra causa del fatto che il triangolo sia cosi, questo sarà una sorta di principio e causa degli stadi successivi. Di conseguenza, se esistono alcuni enti che possono essere in modo contrario (a come sono), è necessario che tali siano anche i loro principi. Infatti la conseguenza di ciò che è necessario è necessaria, quantunque sia [1223 a] possibile che ne provenga ciò che è contrario e molte cose di tal genere sono in potere degli uomini stessi ed essi sono principi di tali cose. Di conseguenza è evidente che tutte le azioni delle quali l'uomo è principio e fattore determinante possono accadere oppure no, e che dipende da lui che accadano, oppure no, quelle cose della cui esistenza o non esistenza è fattore determinante. Ed egli è causa di tutte le cose che dipende da lui fare o non fare, e tutte le cose delle quali egli è causa dipendono da lui.

Poiché la virtù, il vizio e le opere da essi derivanti sono le une degne di lode, le altre degne di biasimo (infatti si biasima e si loda non a causa di ciò che avviene per necessità, per caso o per natura, ma per le cose delle quali noi siamo la causa: di quelle delle quali un altro è responsabile, è costui che ha sia il biasimo che la lode) è evidente che sia la virtù che il vizio concernono queste cose: le azioni delle quali l'uomo è causa e principio. Bisogna dunque comprendere di quali azioni egli è causa e principio. Tutti siamo d' accordo sul fatto che ciascuno è causa di tutte le cose che sono volontarie e conformi alla sua scelta, mentre non è lui la causa di tutte quelle che sono involontarie. È chiaro tuttavia anche il fatto che compie volontariamente tutte le cose che ha scelto. E pertanto è chiaro che la virtù ed il vizio faranno parte delle cose volontarie.

Per inserire commenti devi autenticarti.
Nessun commento.