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YANIS VAROUFAKIS - Il Minotauro globale - Crisi

Parlare di crisi in economia significa affrontare diverse questioni, tanto storiche quanto concettuali. Generalmente riferito alla crisi economica del 1929, tale binomio rappresenta pure altri specifici eventi finanziari – dalla crisi economica del 1873-1895 a quella argentina iniziata negli anni 90 del XX secolo; dalla crisi economica iniziata nel 2007 alla crisi del debito sovrano europeo, cominciata nel 2009. Ma quale è il ruolo della crisi stessa in ambito finanziario? Come impattano, le “crisi” sugli aspetti scoiali, politici ed economici attuali? In questo brano Yanis Varoufakis, già accademico in Gran Bretagna e Australia (Università di Sydney, Glasgow e Cambridge per citarne alcune) e attualmente docente di teoria economica all’Università di Atene affronta tali questioni delineando un’articolata definizione di crisi.

ALZARE LA POSTA: CROLLI, CRISI E IL RUOLO DELLA FINANZA

Il paradosso del successo si basa sulla tendenza di un bene, di un titolo o di una caratteristica a diminuire di valore. Sicché l’inevitabile crisi svolge un ruolo redimente, che provoca la rinascita proprio di quello che ha depresso il sistema e ha prodotto la crisi. A partire dalle fluttuazioni nelle dimensioni relative delle popolazioni delle prede e dei predatori in natura, passando per il potere politico nelle città-stato arabe, fino alle dinamiche dei salari e dell’impiego nelle nostre società di mercato, le crisi provvedono sia alla retribuzione sia alla redenzione. La carestia che colpisce i predatori contribuisce a far risorgere la popolazione delle prede, le crisi politiche riaccendono la solidarietà perduta, la disoccupazione porta a nuove opportunità d’impiego attraverso la compressione dei salari ecc. ecc. In questo modo la nemesi diventa la nuova fonte di hybris e la crisi è un prerequisito per la futura rinascita, per una rivitalizzazione di tutta l’“ecologia” del potere, della ricchezza e della dominazione. In questo senso le crisi periodiche, più che incidenti evitabili, sono dei tuffi “naturali” in qualche abisso e aiutano la storia a proseguire il suo cammino.

Indubbiamente sia la natura sia la storia sono piene di cicli. Ma non tutte le crisi possono essere capite come la fase transitoria di un ciclo regolare. Ogni tanto, colpisce una Crisi con la C maiuscola. Poi il ciclo finisce, perlomeno nella sua forma esistente. Si prenda, per esempio, la civiltà dell’Isola di Pasqua. Gli archeologi ci assicurano che essa conobbe molte crisi cicliche nel corso della sua storia. Ma purtroppo una grave e violentissima crisi finì per cancellarla: quando gli abitanti dell’Isola di Pasqua ebbero abbattuto l’ultimo albero, l’intreccio di ciclo ecologico ed economico a cui erano state soggette le loro attività giunse a un tragico epilogo. Tutto quello che rimase furono le magnifiche statue che costituiscono un costante memento della potenza distruttiva e devastante delle Crisi.

Ma che cosa rende una Crisi così diversa dalle crisi ordinarie? La risposta è una radicale incapacità di agire come la propria medicina. Ovvero, per dirla in termini leggermente differenti, la mancanza di qualsiasi fattore redimente. In breve, mentre le crisi sono fasi di qualche ciclo, e partecipano a cospirare per la sua perpetuazione, una Crisi decreta la fine del ciclo corrente. L’anno 1929 ha rappresentato appunto una discontinuità di questo tipo.”

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