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JOHN DEWEY - Esperienza ed Educazione (1938)

“Learning by doing” è l’espressione che racchiude l’essenza della teoria pedagogica elaborata da John Dewey, lo studioso che influenzò l’organizzazione del sistema educativo statunitense. La scuola dovrebbe essere considerata come un laboratorio in cui ogni studente agisce e interagisce con gli altri e con l’ambiente per apprendere e crescere. Solo attraverso all’azione e all’esperienza pratica è possibile comprendere e acquisire nuove competenze.

L'uniformità meccanica degli studi e dei metodi genera una specie di immobilità uniforme e questa, a sua volta, contribuisce a perpetuare l'uniformità degli studi e delle ripetizioni, mentre, dietro questa uniformità imposta, le tendenze individuali operano in forme irregolari più o meno proibite. [...] Abbiamo già accennato al fatto che gli antichi metodi premiano la passività e la ricettività. L'immobilità fisica accentua paurosamente questi tratti. L'unico modo di sottrarsi ad essi in una scuola standardizzata è l'attività irregolare e, forse, indisciplinata. Non c'è completa quiete in un laboratorio o in un'officina. Il carattere non sociale della scuola tradizionale appare in questo, che essa fa del silenzio una delle sue prime virtù. Può esistere, naturalmente, un'intensa attività intellettuale non accompagnata da attività esteriore del corpo. Ma questa capacità intellettuale è conquista relativamente tarda, in seguito a un lungo periodo di tirocinio. Perfino il ragazzo dovrebbe disporre di brevi intervalli di tempo da dedicare alla riflessione pacata. Ma essi sono momenti di schietta riflessione soltanto quando seguono a periodi di più esterna azione e sono usati per organizzare quel che è stato guadagnato in periodi di attività in cui, oltre il cervello, si sono adoperati le mani e altre parti del corpo. La libertà di movimento è dunque importante come mezzo per mantenere la normale salute fisica e mentale. Noi abbiamo ancora da imparare dall'esempio dei greci che hanno colto chiaramente la relazione fra un corpo sano e un'anima sana. [...]

Quando l'educazione è basata in teoria e in pratica sopra l'esperienza, va da sé che la materia del sapere organizzato dell'adulto e dello specialista non può costituire il punto di partenza. Rappresenta tuttavia la mèta verso la quale l'educazione dovrebbe muovere ininterrottamente. È appena necessario dire che uno dei principi fondamentali dell'organizzazione scientifica della conoscenza è il principio di causa ed effetto. Il modo in cui il principio è colto e formulato dallo scienziato specialista è certamente molto diverso da quello da cui lo può accostare nell'esperienza il ragazzo. Ma né la relazione né il suo significato sono estranei all'esperienza del ragazzo anche piccolo. Quando un bimbo di due o tre anni impara a non avvicinarsi troppo alla fiamma e tuttavia si avvicina alla stufa quanto basta per goderne il calore, egli coglie la relazione causale e se ne vale. Non c'è attività intelligente che non si conformi alle esigenze di questa relazione, ed essa è intelligente nella misura non soltanto in cui vi si conforma ma in cui vi si conforma consapevolmente. Nelle prime forme di esperienza la relazione causale non si presenta in astratto, ma nella forma di relazione tra mezzi impiegati e fini raggiunti; nella forma della relazione di mezzi a conseguenze. [...] L'inconveniente nell'educazione non è già però l'assenza di situazioni in cui la relazione causale è esemplificata nella relazione di mezzi e conseguenze. È invece piuttosto nell'incapacità, ancora troppo comune, di sfruttare le situazioni per condurre gli alunni a cogliere la relazione in quei determinati casi di esperienza. [...] È ovvio che quanto più sarà immaturo il discente, tanto più semplici saranno i fini da perseguire e più rudimentali i mezzi impiegati. Ma il principio dell'organizzazione dell'attività nei termini di una certa percezione della relazione delle conseguenze ai mezzi vale anche per i piccolissimi. Altrimenti un'attività cessa di essere educativa perché è cieca. Col crescere della maturità, il problema della relazione reciproca fra i mezzi diventa più urgente. Nella misura in cui l'osservazione intelligente è trasferita dalla relazione di mezzi a fini al più complesso problema della relazione dei mezzi fra di loro, l'idea di causa ed effetto diventa preminente ed esplicita. La giustificazione finale del laboratorio, della cucina, e così via nella scuola non è già nel fatto che favoriscono questa specie di attività o l'acquisizione di quelle abilità meccaniche che avviano gli alunni a fare attenzione alle relazioni fra mezzi e fini, e quindi alla considerazione del modo in cui le cose interagiscono fra loro per produrre certi effetti. In principio si tratta della medesima ragione che giustifica l'esistenza di laboratori per la ricerca scientifica.

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