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GEORG W. F. HEGEL – Lezioni sulla filosofia della storia - Sezione seconda - Le figure dell’individualità bella - Capitolo primo - L’opera d’arte soggettiva - Fine

La natura, così come il corpo umano, può essere considerata come un mezzo per raggiungere altri fini oppure come fine in se stessa. Hegel evidenzia come sia prerogativa dell’uomo la capacità di trasformare la natura e gli oggetti in strumenti.

Con i suoi bisogni, l’uomo sta in rapporto alla natura esterna in maniera pratica e in più si mette all’opera come mediatore, appagandosi attraverso la natura ed esaurendola. In altre parole, gli enti naturali sono potenti e prestano una resistenza molteplice. Per domarli, l’uomo frappone altri enti naturali, ritorce per questa via la natura contro se stessa e, a tal fine, inventa strumenti. Queste invenzioni umane appartengono allo spirito, perciò lo strumento è da stimare più che l’ente naturale. Vediamo, inoltre, che i Greci sanno apprezzare in maniera speciale gli strumenti; in Omero la gioia che l’uomo ne prova appare davvero sorprendente. Si racconta per esteso l’origine dello scettro di Agamennone [Iliade, II, 101-9], così pure si fa ampia menzione delle porte girevoli sui cardini, degli armamenti e delle suppellettili. L’onore dell’invenzione umana, che addomestica la natura, è ascritto agli dèi. D’altro lato, l’uomo adopera però la natura come ornamento, che ha solo il senso di segnalare la ricchezza e di mostrare ciò che l’uomo ha saputo fare di sé. L’interesse per l’ornamento ci appare già assai sviluppato nei Greci omerici. Barbari e popoli civilizzati si adornano, ma i barbari si fermano qui, si adornano: il loro corpo deve piacere grazie a qualcosa di esteriore. Senonché l’ornamento ha come sola sua destinazione quella di essere l’ornamento di qualcos’altro, ossia del corpo umano, con il quale l’uomo si trova in unità immediata e che è suo dovere plasmare, così come avviene per la natura in genere. Di conseguenza, l’interesse spirituale successivo è quello di esercitare il corpo fino a farne l’organo perfetto della volontà; capacità che, da un lato, può essere di nuovo un mezzo in vista di altri fini, dall’altro può apparire come fine indipendente.

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